«L'arpa celtica è l'orgoglio di noi bretoni»

Mercoledì 20 Marzo 2019
«Bretagna, centro del mondo abitato». Quando negli anni Settanta Alan Stivell recitava con passione questi testi, il movimento musicale celtico era davvero molto seguito e suscitava tanto interesse.
Il merito era in gran parte suo che, partito da un regalo del padre liutaio, era riuscito a portare l'arpa celtica in giro per il mondo, incantando gli spettatori con sonorità spesso sconosciute.
In tutti questi anni (l'album della notorietà, Renaissance de la harpe celtique è del 1970), Stivell ha sempre incrociato l'impegno politico a favore della sua terra (in aperta polemica con la Francia) ai concerti, alternando splendide produzioni e incisioni non sempre convincenti, ma restando comunque saldamente legato ad un modello tradizionale celtico.
Ora il carismatico compositore bretone celebra i 50 anni di attività con un tour europeo a sostegno del suo ultimo disco, Human Kelt, dove spiccano interessanti collaborazioni dall'orchestra di Bretagna a Yann Tierse, dal suo storico chitarrista Dan Ar Braz a Donal Lunny, da Bob Geldof a Fatoumata Diaware, fino ai nostri Angelo Branduardi e Vincenzo Zitello. Ora Stivell, classe 1944, si esibirà al teatro Corso di Mestre il 22 marzo (con inizio alle 21.15) e con lui ci saranno anche Robert Le Gall (chitarra, violino) e Marc Hazon (batteria, tastiere).
La sua è una musica moderna e al tempo stesso ancestrale, uno stile che si snoda attraverso un nuovo modello di arpa in grado di passare dalle ballate tradizionali a momenti più vicini alle sonorità rock. Il tutto attraverso testi che delineano la storia della Bretagna.
Stivell, che periodo sta attraversando la musica celtica in Bretagna in questi anni?
«La musica Bretone al momento è sostanzialmente riconosciuta. Più dall'apprezzamento degli ascoltatori, che dai media e dai poteri francesi. Ci sono centinaia di musicisti molto bravi, ottimi artisti, probabilmente la maggior parte di loro è un po' timida. Non osano tanto nè sul versante della musica Celtica nè sul fronte della musica più moderna. Secondo me sono timidi anche nella loro stessa promozione, ma io comunque adoro ascoltarli».
I concerti che state portando in giro per l'Italia in questi giorni sono sempre divisi, come in passato, in una sezione acustica e in una successiva elettrica?
«Direi che c'è più un mix tra i due stili».
Nel tour suonerà anche brani appartenenti al suo celebre disco Symphonie Celtic?
«Ci saranno due piccoli pezzi in attesa della nuova versione del lavoro che uscirà il prossimo anno».
Due importanti musicisti italiani, Angelo Branduardi e l'arpista Vincenzo Zitello, hanno collaborato nel suo ultimo disco Human Kelt. Che tipo di lavoro è?
«Nel mio primo disco professionale del 1970 Reflets, avevo arrangiato una canzone tradizionale bretone Son ar chistr che ha ispirato molti artisti nel mondo, compreso Angelo Branduardi che l'aveva utilizzata per Gulliver. Per questa nuova versione gli ho chiesto se potevo riproporre un pezzo del brano. Rivisitando la mia canzone Brocéliande ho pensato che lui fosse perfetto per introdurla e concluderla. Questo suo regalo è molto bello cosi come sono appaganti i regali di altri artisti che sono intervenuti. Vincenzo è un grande amico ed un musicista fantastico. Continueremo a collaborare anche in futuro».
L'arpa celtica continuerà ad avere un suo ruolo anche in questo mondo di suoni prevalentemente elettronici e come si evolverà la musica tradizionale in futuro?
«Come sai le arpe che ho creato mescolano molto il suono elettrico con quello acustico. Per questo i miei strumenti fanno da unione tra questi suoni. Il fatto che si sentano arpe di questo tipo anche in altri campi musicali dimostra che molti artisti le apprezzano».
Ho notato molte bandiere bretoni durante le proteste dei gilet gialli. Cosa ne pensi?
«È qualcosa che deve ancora essere analizzato. Dimostra che la gente bretone è molto orgogliosa di sè e sottolinea la propria identità ovunque si trovi. La cosa curiosa è che si tratta ancora di un orgoglio regionale, privo di una progettualità di quello che sarà in futuro. Un po' come quello che succede per i problemi legati all'ambiente».
Gianpaolo Bonzio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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