L'APPUNTAMENTO
Un Macbeth intimo che esalta gli aspetti privati di una coppia

Mercoledì 21 Novembre 2018
L'APPUNTAMENTO
Un Macbeth intimo che esalta gli aspetti privati di una coppia in crisi quello che il regista Damiano Michieletto mette in scena alla Fenice. Questo allestimento, che venerdì, alle 19, (repliche 25, 27, 29 novembre, 1. dicembre) inaugura la stagione lirica è anche l'unica nuova produzione italiana del nostro più apprezzato regista d'opera. Michieletto fino al 2020 non tornerà a lavorare in Italia perché tutti i prossimi impegni saranno all'estero. Questo Macbeth è un appuntamento prezioso anche perché vede la combinazione di due talenti per certi aspetti opposti, quello innovatore e trasgressivo di Michieletto e quello più apollineo del direttore d'orchestra sudcoreano Myung-Whun Chung, acclamato interprete verdiano. «È la prima volta che lavoro con Chung sottolinea Michieletto e per me è stato sorprendente vederlo presente a tutte le prove di regia. Ci siamo confrontati e ogni volta che mi chiedeva spiegazioni sulle mie scelte ho sempre chiarito le mie ragioni. Così, quando per esigenze musicali mi ha suggerito di disporre diversamente sulla scena i cantati, l'ho sempre assecondato».
LA SGUARDO DEL REGISTA
La visione che Michieletto ha di Macbeth è stimolante. «Non c'è sangue e nessun aspetto militare. Tutto parte da un lutto familiare: fin dal preludio si comincia a capire che Macbeth ha perso una figlia e la sua tragedia è di non avere un erede. Il desiderio di mettersi in contatto con la figlia scomparsa lo porta a vivere in una dimensione onirica e allucinata. Le streghe rappresentano per lui il mezzo per mettersi in contatto con il mondo dei morti». Macbeth, per Michieletto, è dunque incapace di rielaborare un lutto e ha una sorta di regressione all'infanzia: «Questa bambina fornisce al protagonista dei messaggi che gli danno la forza di andare avanti. In una scena prende in mano i suoi giochi, li esamina come se la vedesse in carne e ossa». In questo spettacolo i più piccoli hanno un ruolo fondamentale. Il regista ha pensato a delle vere e proprie famiglie i cui figli diventano l'incubo di Macbeth. «Proprio il protagonista, che vorrebbe tanto avere un figlio, è spinto dalla moglie a uccidere i bambini degli altri. È questo il vero senso della tragedia. La Lady è invece più fredda: cerca di allontanarlo da quello che considera solo un suo delirio».
L'ATTENZIONE A SHAKESPEARE
Verdi spiega ancora Michieletto ha dovuto sintetizzare nella sua opera il testo teatrale di Shakespeare e necessariamente ha dovuto mettere da parte qualcosa. In particolare ha sacrificato l'aspetto comico, pur presente, che bilancia l'orrore della tragedia. È un peccato, ma in un'opera era inevitabile eliminare certe scene per concentrarsi solo su alcuni aspetti. Nella musica scritta per Macbeth e la Lady, Verdi ha saputo raccontare le aspirazioni e gli incubi di queste due personalità psicologicamente complesse. In un certo senso è anche lui regista, perché costruisce i suoi personaggi con preciso senso scenico. Le grandi figure delle sue opere sembrano scolpite, tanto sono potenti, forti. I rapporti interpersonali sono spesso chiari ed evidenti fin dall'inizio. In questo senso, il lavoro di Verdi va assecondato. Un ruolo rilevante, a differenza di altri compositori, è riservato inoltre al coro. Spesso la massa è in primo piano, con le sue implicazioni popolari o militari. Qui, però, ho cercato di evidenziare i risvolti privati più che gli aspetti pubblici.
MINIMALISMO
La scena è per certi versi minimalista, essenziale e astratta . Abbiamo scelto di utilizzare il nylon: tante volte nell'opera vi è l'invito a squarciare il velo delle tenebre, a sollevare il velo che oscura la verità. La plastica sottolinea che c'è un'altra realtà, quella dei defunti, delle apparizioni spettrali, degli incubi e della instabilità mentale che genera mostri. Tutti i morti vengono, dunque, letteralmente insacchettati. Oltre al velo di nylon abbiamo il colore bianco, che qui simboleggia il sangue. L'esito di questa vicenda è un insieme di cadaveri macchiati di tempera bianca che alla fine giacciono tutti in scena».
Mario Merigo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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