L'ANNIVERSARIO
Se Benedetto Croce non l'avesse stroncato definendolo «un

Domenica 20 Settembre 2020
L'ANNIVERSARIO
Se Benedetto Croce non l'avesse stroncato definendolo «un preteso poeta» probabilmente il vicentino Giacomo Zanella non sarebbe uscito dai radar della storia della letteratura italiana. Inutile anche che lo stesso don Benedetto abbia fatto retromarcia, affermando di esser stato troppo duro con Zanella: ormai il danno era fatto e d'altra parte per lunghi anni era stato lui a stabilire sommersi e salvati nella storia letteraria. Allora i duecento anni dalla nascita di Zanella, avvenuta in quel di Chiampo il 9 settembre 1820, costituiscono l'occasione per riscoprire questo autore ingiustamente negletto. Per la verità, qualcosa si sta muovendo già da un po', il Comune di Monticello Conte Otto, dove il sacerdote letterato era morto nel 1888, ha dal 2006 istituito un premio a suo nome. La biblioteca Bertoliana di Vicenza, in occasione dell'anniversario, mette online l'inventario dell'archivio dei manoscritti di Zanella che vi è confluito, assieme a 964 volumi della sua biblioteca (tra i quali 28 cinquecentine). Tra l'altro questo è invece casuale entro il 2020 (ritardi causati dal Covid permettendo) uscirà il volume del Dizionario biografico degli italiani che comprende la voce Giacomo Zanella, curata da Oreste Palmiero, bibliotecario della Bertoliana.
EDUCATORE E SACERDOTE
L'apice della carriera di educatore di Zanella è raggiunto nel 1871, quando viene eletto rettore dell'università di Padova, carica che deterrà per un anno, come usava al tempo (cinque anni più tardi si dimetterà dal Bo). «È stato poeta, sacerdote, educatore e patriota», precisa Italo Baldo, che di Zanella è uno studioso. La sua carriera di insegnante comincia al liceo seminariale di Vicenza, da dove viene cacciato dagli austriaci, quindi approda nei licei di Venezia, Vicenza e Padova, lì rimane quattro anni, dal 1862 al 1866, prima come professore e come preside.
Il 1866 è l'anno dell'annessione del Veneto all'Italia, un anno agitato e Zanella si lamenta nelle lettere con gli amici della turbolenza di colleghi e allievi, che evidentemente lo scombussolava. L'anno successivo diventa docente di letteratura all'università di Padova, prima di essere nominato, come detto rettore. Conserva comunque un legame molto forte con Vicenza e con i suoi amici vicentini, ai quali lo lega una fitta corrispondenza. Trascorre gli ultimi anni della sua vita a Cavazzale di Monticello Conte Otto, nella villa che si fa costruire di fronte al fiume Astichello e vicino a quella dei cugini Caldonazzo (l'edificio esiste ancora). Qui compone la sua ultima raccolta di sonetti dedicati proprio all'Astichello, il cui manoscritto è conservato nel Collegio delle Dame Inglesi, a Vicenza.
La maggior parte del suo archivio, si diceva è stato donato alla Bertoliana dagli eredi, ma anche grazie al lavoro di Fedele Lampertico e Antonio Fogazzaro che di Zanella sono stati allievi, ma in seguito hanno conservato con il loro maestro rapporti epistolari molto affettuosi, da amici. Si cono occupati di recuperare in giro per l'Italia le lettere che Zanella aveva scritto ai suoi corrispondenti e che erano conservate negli archivi familiari. Purtroppo una parte consistente dell'epistolario è andata perduta, distrutta dallo stesso Zanella in preda alla depressione dopo la morte della madre.
IL LAVORO DI RECUPERO
A ordinare i fondi è stato un altro suo ex allievo, nonché bibliotecario della Bertoliana, Sebastiano Rumor (zio di Mariano, il politico democristiano cinque volte presidente del consiglio), che a inizio Novecento ha costituto lo Stipo Zanella, ovvero un luogo dov'è raccolta tutta la sua produzione poetica e saggistica assieme a tutto quello che è stato scritto e si scrive su di lui. È quindi una raccolta aperta che continua ad arricchirsi di opere ed è una delle due volute da Rumor, l'altra è dedicata a Fogazzaro (che è ovviamente più ricca rispetto a quella di Zanella).
Riprendendo le iniziative promosse dalla Bertoliana per il bicentenario, è previsto un convegno di studi che si terrà entro fine anno e, accanto alla digitalizzazione degli inventari, si avvierà una raccolta di copie digitali di lettere scritte da Giacomo Zanella presenti in varie biblioteche italiane. Inoltre, in una mostra dedicata alla figura di Esther, sarà presente anche la traduzione di Zanella della tragedia Esther, di Jean Racine, tuttora ritenuta una delle migliori traduzioni in italiano di quel dramma.
TRADUZIONI E OPERE
Il colto vicentino ha tradotto varie opere dal latino e da altre lingue. Esiste pure una sua produzione filosofica dedicata al darwinismo e alla religione; gli scritti sul darwinismo sono stati pubblicati da Baldo che ha anche potuto constatare come Zanella sia stato uno dei primi studiosi italiani di Immanuel Kant: ne ha letto la Critica del giudizio nella traduzione francese, prima ancora che uscisse un'edizione in italiano. Vicenza ha dedicato a questo suo figlio un monumento che si trova in piazza San Lorenzo.
Grazie a una descrizione che Antonio Fogazzaro ha fornito allo scultore, abbiamo anche un'idea abbastanza precisa di come fosse: «Lo Zanella fu di statura mediocre, e forse men che mediocre, ma non comparia tale perché la persona era asciutta e sottile. L'andatura ebbe sempre fiacca, e come cascante, pareva l'andatura di un uomo assorto in altri pensieri, il cui spirito, tutto raccolto nella fronte, non curasse di reggere le altre membra. Stando a crocchio, teneva abitualmente le mani in tasca e i gomiti sporgenti all'infuori. Usava una specie di redingote che portava volentieri aperta, calzoni corti da prete, calze, scarpe con fibbia, cappello a cilindro; non portava la sottana e il cappello a tre punte che la mattina per andare a messa. D'inverno portava un paletot assai lungo. In casa usava la veste da camera». Non proprio quello che si potrebbe definire un bell'uomo, ma d'altra parte le sue doti più importanti non erano certamente fisiche.
Doveva invece avere sensibilità e attenzione per chi lo stava ad ascoltare: in un'epoca in cui le messe erano in latino, e quindi incomprensibili per la stragrande maggioranza dei fedeli, non esitava a predicare in dialetto vicentino per far sì che i contadini capissero quel che diceva. La sua poesia più famosa si intitola Sopra una conchiglia fossile nel mio studio, Andrea Zanzotto ha detto che è stata fondamentale per la sua formazione poetica. Questi i primi versi: «Sul chiuso quaderno/ di vati famosi,/ dal musco materno/ lontana riposi,/ riposi marmorea,/ dell'onde già figlia,/ ritorta conchiglia».
Alessandro Marzo Magno
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