L'amico: «Avrei continuato a cercarlo anche da solo»

Lunedì 25 Marzo 2019
CHIOGGIA
«Continuerò a cercarlo, anche da solo, nonostante tutto». Gianluca Aresu, collega e amico di Endri Febo, lo aveva detto, pochi giorni fa, al Gazzettino. Da quel fatidico 22 dicembre, in cui il 53enne pescatore chioggiotto era scomparso nelle acque lagunari, erano trascorsi quasi tre mesi e ogni ricerca si era rivelata inutile. Per oltre una settimana, anche durante le festività natalizie, lo avevano cercato i vigili del fuoco di Venezia, con i sommozzatori e, quando la visibilità lo permetteva, anche con l'elicottero. A loro si erano affiancati, già allora, alcuni pescatori che avevano recuperato, il 27 dicembre, una trentina di ceste per caparozzoli, nei pressi delle diga di Malamocco. «Sono quelle di Endri» si era subito detto e la circostanza appariva abbastanza probabile: i caparozzolanti non abbandonano mai le loro ceste in tale quantità (quindi non si poteva trattarsi di materiale disperso per caso) e anche il corso delle correnti, tra il presunto luogo del naufragio, nella cosiddetta Valle del Cornio, e la diga, sembrava compatibile con quel ritrovamento. Se il corpo dello sfortunato pescatore fosse stato trascinato dalla stessa corrente, poteva trovarsi in quella zona. Ma le successive ricerche furono ancora una volta negative e, col passare dei giorni, le uscite in laguna vennero gradualmente diradate e, infine, abbandonate.
La famiglia, però, pur consapevole della morte del congiunto, non era rassegnata a perderne il corpo e la madre di Endri, la signora Zora, sostenuta dalla nipote Elisa Febo, il 22 gennaio lanciò un appello a tutte le persone di buona volontà: «Aiutatemi a dare sepoltura a mio figlio». Le risposero, di slancio, alcune decine di pescatori, tra cui Aresu che organizzò nei giorni successivi tre battute di ricerca, fin verso metà febbraio, con la partecipazione di 10-15 barchini. Nulla di fatto, neppure allora. A quel punto «radunare i pescatori era sempre più difficile aveva spiegato Aresu . L'ho fatto alcune volte, ma trovare un buon numero di barche e le condizioni meteo favorevoli non è stato sempre possibile. Perciò ho rinunciato alle battute. Ma io continuerò a cercarlo, approfittando delle uscite nelle mie ore di lavoro, nella zona che considero più probabile», ovvero proprio verso Malamocco, dove erano state trovate le ceste e dove, in qualche anfratto, poteva essere rimasto incastrato il corpo, nascosto alla vista di tutti. «Io in quella zona ci vado a pescare diceva Aresu e sono anche sommozzatore. Posso fare il mio lavoro e, contemporaneamente, esplorare i fondali alla ricerca di Endr». Alla fine un corpo è emerso: se verrà confermato che si tratta di quello di Endri, il generoso sforzo di Aresu e degli altri, non sarà più necessario. Ma, alla famiglia, è già di conforto sapere che quello sforzo c'è stato. (d.deg.)
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