Juliette cerca in chat una nuova se stessa

Venerdì 18 Ottobre 2019
Juliette cerca in chat una nuova se stessa
L'amore al tempo dei social network può essere intrigante e seducente, ma anche bugiardo e deludente. Tanto più per una bella cinquantenne appena piantata dal marito per la classica ventenne, profondamente ferita e depressa in barba al lavoro, agli amici, ai figli e al toy boy che ogni tanto le regala piacevoli serate di sesso. Ispirato a un romanzo di Camille Laurens, Il mio profilo migliore - brutto titolo italiano per il più intrigante Celle que vous croyez, who yuo think I am - gioca proprio con i clichè delle passioni che nascono via facebook, dove si può anche rinascere inventandosi nuove identità. Ecco allora Juliette Binoche, prof universitaria sulla cinquantina colta attraverso flashback mentre narra la sua storia alla psicanalista che l'ha in cura (Nicole Garcia): Claire è una docente che ha bisogno di piacere e di sentirsi attraente, ma nello stesso tempo di risentire i brividi degli innamoramenti giovanili, scoprendosi ancora capace di sedurre. Ecco allora la sua nuova Clara che, per sorvegliare il suo giovane amante troppo distante e indifferente, si avvicina al suo altrettanto giovane coinquilino, Alex, seducente fotografo agli inizi della carriera, col quale intreccia una relazione virtuale fatta di messaggini, ore di chat e poi di telefonate, evitando ovviamente con cura gli incontri nella vita reale. Claire si sente rinascere, si scopre allegra e vitale come una ventenne, completa e finalmente leggera, anche se l'analista tenta di rimetterla di fronte al suo vero io e alla sua fragilità. Sono questi i momenti più azzeccati del film che nel secondo tempo sembra aver esaurito idee e spunti. Invece di chiedersi cosa davvero si celi dietro il doppio-account o riflettere su verità, menzogna e manipolazione via social, Safy Nebbou vira verso il thriller psicologico infarcendolo di assurdi colpi di scena, viraggi di trama, qualche pianto e moralina di troppo, incapace di scrutare davvero un'anima che sembra confinare con la patologia.
Chiara Pavan
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