«Ispido e generosissimo non amava sgomitare»

Mercoledì 19 Febbraio 2020
«Era ispido come un animale selvatico, perfezionista, aggressivo ma sensibile, generosissimo. Se non avesse messo i soldi di tasca sua, non avrei girato Maledetti vi amerò». Marco Tullio Giordana ricorda commosso Flavio Bucci, protagonista del suo primo film che nel 1980 andò a Cannes e vinse il Pardo d'oro a Locarno scatenando il dibattito politico: il protagonista Svitòl (Bucci) è un ex sessantottino che, dopo sei anni trascorsi all'estero, torna in Italia all'indomani dell'assassinio di Aldo Moro e trova il Paese profondamente cambiato.
Come arrivò a scegliere Bucci?
«Aveva interpretato Ligabue in tv ed era l'attore del momento. Flavio dimostrò molto coraggio: avevo solo 27 anni, ero sconosciuto e non avevo un filo di esperienza».
Come andò la lavorazione?
«Quando i soldi finirono, l'attore decise di finanziare il film con la società da lui creata con Michele Placido e Stefano Satta Flores».
Com'era, Bucci, sul set?
«Disciplinatissimo e rigoroso. Per me aveva l'affetto un po' scontroso di un fratello maggiore».
E gli eccessi?
«Nel 1980 Flavio conduceva una vita tutt'altro che sregolata. È cambiato nella seconda parte della sua vita ma ha avuto l'onestà di ammettere le sue cadute. Ha preferito rivolgere l'arma contro se stesso piuttosto che contro gli altri».
Ha un ricordo particolare di lui?
«La telefonata che, durante le riprese, mi fece nel cuore della notte per rassicurarmi sulla validità del mio lavoro. Ero rimasto male per i suoi rimproveri, tutti giustificati, di poche ore prima. Quel gesto riparatore mi colpì».
L'ha più incontrato dopo il film?
«Ci siamo rivisti due anni fa a Torino. Abbiamo pianto come due sentimentali e io gli ho scritto poi una lettera per manifestargli stima e riconoscenza».
Chi era, Bucci?
«Un grande protagonista, un talento mimetico. L'antesignano di Pierfrancesco Favino e di tutti gli attori che indossano i personaggi come una seconda pelle».
Gloria Satta
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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