«Io archeologo contro l'Isis»

Giovedì 18 Gennaio 2018
«Io archeologo contro l'Isis»
IL PERSONAGGIO
Una lotta impari la sua, vissuta nell'ombra, con scudo levato contro il trafugamento e la distruzione di opere d'arte. Giancarlo Garna non è un poliziotto, neppure un carabiniere. Anche se ha operato in più occasioni a fianco delle forze dell'ordine di tutto il mondo. Dal 2010 è presidente della associazione degli archeologi del Veneto, nonché membro del direttivo nazionale. La sua zona d'azione a difesa di reperti assiri e babilonesi, è il Medio Oriente. In modo particolare la Siria. E il Kurdistan iracheno, zona di Mosul.
Da qui, nel 2014 su invito prudenziale della Farnesina, è partito in fretta e furia. Anche perchè, con coraggio, portava scritte in faccia le sue idee su Califfato e Isis. Tant'è che è stato proprio Garna tra i primi a commentare, sostenendone così la divulgazione, la storia dell'archeologo siriano Khaled Al Assad che, nel 2015, venne decapitato ed appeso ad una antica colonna romana, colpevole di non aver rivelato dove erano stati spostati preziosi reperti.
È sempre in giro per il mondo. «Ma non dimentico da dove vengo». Nato a Belluno nel 1968, dopo gli studi al liceo-ginnasio Tiziano, ha studiato lettere classiche all'Università di Padova, con successiva specializzazione in archeologia a Matera. Per motivi di lavoro risiede a Padova; qui cura alcuni rapporti di collaborazione con l'ateneo così come con Udine. Pare una strada segnata la sua, da predestinato allo scavo: «Perchè il sogno di capire le implicazioni profonde e le identità delle antiche civiltà mi girava in testa già da bambino». Aveva solo sette anni quando gli capitò in mano come regalo un libro di Andrè Parrot che parlava di una delle capitali della civiltà mesopotamica, Mari, l'odierna Tel Hariri, in Siria. «Quel sogno parve avverarsi nel 1999 quando, da archeologo professionista, visitai quello scavo in mezzo al deserto».
L'ARCHEOMAFIA
Lo chiamano a tenere conferenze a Poznan, Oxford, Edimburgo. Ora anche l'Italia sta riconoscendo la valenza della sua attività: Giancarlo Garna è stato incoronato a Napoli Persona dell'anno 2017 dall'Osservatorio internazionale Archeomafie. E il 2 febbraio riceverà, a Roma, il premio speciale intitolato a Ranieri Filo Della Torre. Tanti riconoscimenti di comitati scientifici: «Rappresentano l'attenzione per la questione del saccheggio, distruzione e commercio illegale di beni culturali». Si va dal bucchero etrusco, alla tavoletta sumerica. Fino ai codici miniati dell'antica biblioteca di Mosul. «Un traffico che è gestito per lo più dalla grande criminalità organizzata».
CULTURA IN VENDITA
Dopo droga e armi: il traffico illegale di manufatti antichi è il terzo nel mondo. Un commercio sottovalutato. E il nostro Paese non è esente. «L'Italia fa una grande parte, sia come Paese sorgente che come Paese mediatore. La mafia italiana fa, per lo più, da intermediario nel passaggio delle opere che arrivano dal Medio Oriente e finiscono agli acquirenti». Le mete principali sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Germania. Ma negli ultimi anni si stanno aprendo i mercati dei nuovi ricchi: Russia, Cina e Paesi del Golfo persico. «In Italia, negli ultimi 40 anni, sono spariti un milione e mezzo di oggetti». È la mafia a stare, spesso, dietro le quinte: «Il padre di Matteo Messina Denaro ha finanziato la sua famiglia con i reperti di alcuni scavi, vendendo perfino l'Efebo di Selinunte» è un esempio portato da Garna.
NEL VENETO
Ma anche in Veneto il business dell'arte va alla grande: È forte il collezionismo, come quello legato alla Prima guerra mondiale. E non mancano i tombaroli, criminali veri e propri». Neppure la nostra Regione, quindi, può chiamarsi fuori dalla partita. Ecco l'esempio, vissuto in prima persona da Garna: «In una villa romana, in provincia di Vicenza, dove dirigevo lo scavo varie volte ho ricevuto la visita notturna di tombaroli muniti di metal detector. È un dato di fatto che la mafia sia entrata nel Veneto, con ramificazioni che vanno dall'edilizia ai rifiuti. In questo crimine contro la storia ci siamo dentro. Anche se va precisato che i furti riguardano per lo più statue lignee e piccoli dipinti». Spesso rubati in musei e chiesette isolate.
IRAN E MEDIO ORIENTE
Che sia quasi una polveriera, come lo furono i Balcani, è sotto gli occhi di tutti. Sul Medioriente il vento dell'Isis soffia ancora. «Pare sconfitto, ma non è morto. Rimane il brodo culturale che ne ha favorito la crescita è il parere di Garna che conosce bene le dinamiche religiose e politiche dell'area i musulmani di molti Stati non credono più nei loro dittatori e trovano il riferimento alla loro identità di cittadini in una bandiera che offre senso di appartenenza, basandosi su una lettura errata dell'Islam».
RUGBY, ARCHEOLOGIA E FANGO
Nella vita di Garna c'è un passato con la palla ovale in mano. Ha giocato, da seconda linea, nel Rugby Belluno. Poi anche nel Cus Padova, in serie A. Garna ne è consapevole: il rugby ha fatto, per molti versi, da maestro all'archeologo che oggi è: «Mi ha insegnato a non aver paura della terra, a non temere se ci si sporca di fango è la premessa, di tono ironico soprattutto giocare a rugby mi ha insegnato a muovermi con ordine, ad avere tenacia. A comprendere che non si deve mollare mai. E, poi, a portare rispetto alle persone che la vita ti fa incontrare, magari in posti lontanissimi da casa». Ultima considerazione, a proposito dell'«andare in meta»: «Come in campo, anche nell'archeologia la meta si raggiunge solo attraverso lavoro di gruppo e grandi fatiche».
Daniela De Donà
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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