In tour con la lanterna magica

Mercoledì 21 Febbraio 2018
IL PERSONAGGIO
Da vent'anni la sua casa è in una soffitta da sogno. Nel sottotetto del quattrocentesco Palazzo Angeli, al civico 1 in Prato della Valle, Laura Minici Zotti ha costruito un piccolo mondo antico intorno alla sua passione, iniziata proprio in una soffitta (vera, quella della sua abitazione veneziana di gioventù), ormai tanti anni fa. Lì, tra polvere e ciarpame, ha scovato la prima lanterna magica e i primi vetri da proiezione. Oggetti tanto misteriosi quanto affascinanti, che le hanno cambiato la vita. Da allora si è dedicata senza sosta a cercare in ogni angolo del mondo tutto ciò che racconta la storia della visione prima del cinema dei fratelli Lumière.
COLLEZIONE PREZIOSA
E nel 1998, nello spazio restaurato concesso dal Comune, ha fatto nascere la sua creatura, il padovano Museo del Precinema, un eccezionale angolo di passato dedicato a un'arte raffinata, ancora poco conosciuto nonostante sia un luogo unico e inimitabile, non solo in Europa. Malgrado peripezie economiche e organizzative, gode di buona salute. Ma potrebbe essere ottima con qualche attenzione in più da parte dell'ente pubblico. «Io ci ho messo l'anima in questo museo - dice - ma sono un po' delusa e amareggiata. Padova ha un piccolo gioiello, invidiato da altri musei del cinema che non hanno una collezione simile. Non è abbastanza valorizzato. È come se il Comune lo considerasse il mio museo e non un museo civico, servirebbe uno sforzo maggiore».
PROFESSIONE LANTERNISTA
Laura Minici Zotti è (anzi è stata) prima di tutto una lanternista, mestiere che per secoli nelle corti, nei salotti, nelle strade e nelle aule scientifiche, ha lasciato a bocca aperta ricchi e poveri, grandi e piccoli. Nessuna scuola, nessun maestro, solo la vorace curiosità dell'autodidatta l'ha guidata in un universo che ne hanno fatto un personaggio richiestissimo ovunque, tra i pochissimi - si contano sulle dita di una mano - ad avere messo in pratica un mestiere destinato a scomparire per sempre. Non lascia eredi come proiezionista d'altri tempi. «È vero, non ci sono giovani che mi abbiano chiesto di imparare - racconta - Essere lanternista è complicato, ci vuole preparazione e tanta manualità. In più non dà certo da vivere. Montare uno spettacolo richiede tanto tempo e tanto impegno. Il mio preferito, Casanova, mi è costato un anno di lavoro. Usavo 130 vetri, tutti da tenere a memoria e da usare al buio. E ogni volta, solo per mettere a fuoco la lanterna, ci vuole quasi un'ora».
DAL QUIRINALE AL LOUVRE
In più mettiamoci un po' di legittima gelosia per lanterne e vetrini, datati dal Settecento ai primi del Novecento, che, fragilissimi e sensibili alla continua esposizione, devono essere maneggiati con perizia estrema. Tutto ormai troppo faticoso anche per lei, 83 anni compiuti il 9 febbraio, che nel 2010 ha spento la luce della sua lanterna, dopo spettacoli presentati in ogni dove: dal Quirinale al Louvre e al Museo d'Orsay di Parigi, in Inghiterra, in Spagna, negli Stati Uniti, a Singapore e via elencando. Il primo spettacolo nel 1975 al Salone Internazionale del Comics e del Cinema di Animazione a Lucca («un debutto da paura, ero troppo timida: mi sono fatta nascondere dietro un pannello»), l'ultimo alle Giornate del Cinema Muto a Pordenone dove nel 2008, tra i tanti riconoscimenti ricevuti, le è stato consegnato il Premio Jean Mitry. «Diciamo subito una cosa: sono una ricercatrice, non una collezionista - precisa - La mia raccolta nasce solo dal desiderio di conoscere e di capire come fosse la visione prima del cinema, un argomento ancora oggi poco trattato».
GIOCHI OTTICI E VETRINI
Nell'antica dimora del Pra' sono in mostra alcuni degli straordinari pezzi della collezione Minici Zotti: apparecchi da proiezione e lanterne magiche dalle più semplici alle più complesse (come un eccezionale esemplare a triplo obiettivo), una parte degli oltre dodicimila vetri, la maggioranza autentiche miniature dipinte a mano, che coprono tutto lo scibile umano (inclusa una sezione pornografica di epoca vittoriana, sopravvissuta da qualche casa di tolleranza, mai esposta al pubblico), giochi ottici di ogni tipo (caleidoscopi, taumatropi, praxinoscopi, zootropi), strumenti musicali d'epoca che accompagnavano le rappresentazioni oltre a una fornitissima biblioteca. E la riproduzione della camera oscura di Canaletto che proprio da quella finestra di Palazzo Angeli realizzò la sua veduta di Prato della Valle.
Dietro ogni strumento, dietro ogni oggetto, c'è la storia del suo amoroso ritrovamento. Va detto: spesso costato parecchio alle tasche della lanternista («ma le mie amiche compravano i vestiti ai defilè, io pensavo al prossimo acquisto per la mia collezione...»).
MEGALETOSCOPIO IN MURRINA
Per dirne una, il megaletoscopio privilegiato, rifinito in murrina, brevettato da Carlo Ponti nel 1862, attivo a Venezia, che fa vedere, con effetto giorno-notte, fotografie con i più bei paesaggi e monumenti italiani. «L'ho scovato in un pollaio vicino a Treviso, in mezzo alle galline. Ma il proprietario sapeva cosa aveva in mano: gli ho dato sette milioni di lire più di trent'anni fa. Ma ne è valsa la pena, per qualità e decorazioni è una rarità». E che dire della trattativa intavolata con i discendenti del guardarobe dei Granduchi di Lorena in Toscana? «La cifra era troppo alta, e io non sono brava con i soldi. Mi sono fatta aiutare da un parente più affarista e ho portato a casa il pezzo che più amo».
LE LANTERNE MAGICHE
Lanterna magica in legno di fine Settecento completa di 108 vetrini dipinti a mano dai pittori di corte Luigi Ademollo e Luigi Catani, il tutto forse usato per la grande festa in occasione dell'ascesa di Ferdinando III di Lorena al Granducato. «Sono oggetti straordinari, ne ho trovato traccia nell'inventario dei Granduchi all'Archivio di Stato di Firenze tra elenchi pieni di scodelle e lenzuola». Poi ci sono le donazioni. Tra le più importanti 70 rarissime ombre francesi in zinco del 1800 arrivate dal Centro studi della Barbariga di Stra della famiglia Dalle Molle, quella del Cynar per intenderci, complete del teatrino mobile pieghevole e delle lanterne, un programma che andava in scena nei cabaret di Montmartre, soprattutto allo Chat Noir. «Impossibile esporlo, qui nei 350 metri quadri non c'è più spazio, come per le collezioni sulla stereoscopia e sulle silhouette».
Museo troppo specialistico? No, un universo visionario che affascina chiunque ci metta piede. Da un anno, al piano nobile, anche le Stanze della Fotografia, affidate al figlio Carlo Alberto Zotti Minici, docente di Storia del cinema e Tecnica della fotografia all'Università di Padova. A lui la madre ha ceduto l'onere della direzione del museo, ma lei è sempre lì a fare gli onori di casa. Nel palazzo, da anni nel piano comunale delle alienazioni, è libero solo il mezzanino. E se fosse assegnato alla collezionista per creare un polo della visione? Sarebbe un miracolo, ma neanche la lanterna magica di Laura Minici Zotti può compierlo da sola.
Maria Grazia Bocci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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