Il suo controllo è stato un punto di svolta nell'evoluzione culturale umana,

Giovedì 12 Ottobre 2017
Il suo controllo è stato un punto di svolta nell'evoluzione culturale umana, il suo fascino è immutato da oltre un milione d'anni. È misterioso, è ipnotico, è suadente, ma è anche violento e distruttivo. Il crepitio sa essere un suono rilassante, l'odore può essere profumo, attorno a lui puoi essere libero e spensierato, puoi essere solo o in compagnia. «In fin dei conti chi non s'incanta davanti a un camino acceso?», rileva Antonio Parente. Il segreto è tutto qui.
Antonio Parente ha 40 anni e insieme al padre e ai suoi fratelli (Claudio, 51 anni, e Davide di 49) intorno al fascino del fuoco ha costruito un business, con cui tiene milioni di persone a testa in su: la pirotecnica.
I fuochi d'artificio sono una tradizione di famiglia, nata dal bisnonno Romualdo nei primi del 900 in Puglia, quando nella povertà del meridione s'inventa un mestiere per far divertire la gente alle feste popolari. Un'arte, nata in Cina nell'VIII secolo, che Romualdo negli anni 50 sposta nell'Alto Polesine, a Melara per la precisione, dove esistono già alcune piccole aziende che sul divertimento provocato dalla polvere nera iniziano a far fatturati importanti. Dai padri a i figli, oggi la Parente Fireworks è la principale azienda italiana di fuochi d'artificio: suoi i fuochi del Redentore a Venezia, quelli di capodanno in Prato della Valle a Padova, centinaia di feste e sagre paesane, ma anche spettacoli pirotecnici in giro per il mondo, dal Sud America, al Canada, agli Emirati Arabi, fino al Giappone.
Quindi, nonostante luci, raggi laser e ologrammi, i fuochi d'artificio continuano ad avere un senso?
«Il fascino del fuoco, il colore, sono un'altra cosa rispetto una luce fredda. Tanti clienti che hanno voluto provare spettacoli laser, l'anno dopo ci hanno ricontatti per tornare al tradizionale fuoco d'artificio. Funziona bene il mix, semmai, uno spettacolo tra esplosioni piriche e tecnologia. I fuochi d'artificio attirano masse e ogni anno allo stesso appuntamento, solo cambiando le combinazioni, la gente ritorna sempre».
Come nasce un fuoco d'artificio?
«La base è la polvere nera, creata con carbone, nitrato di potassio e zolfo. Poi si aggiungono altri minerali e prodotti chimici per la colorazione e vengono assemblati nei contenitori».
E il disegno in cielo come si ottiene?
«Tutto dipende dalla disposizione del prodotto all'interno del contenitore. È un'arte che viene tramandata di generazione in generazione».
Nessun computer?
«No, assolutamente. È un mestiere artigianale, pc e software servono per disegnare uno spettacolo, ma nel singolo fuoco la disposizione della polvere è manuale. Si prova e si riprova, finché non si ottiene l'effetto desiderato. Per questo all'interno del perimetro aziendale abbiamo un'area test e in orario serale proviamo i fuochi».
Praticamente a Melara è sempre festa....
«Eh... ma non tutti i residenti sono contenti».
Vi sentite più imprenditori o più artisti?
«C'è una grande componente artistica nel nostro lavoro, creiamo qualcosa nel cielo, emozioniamo il pubblico. È un'arte, perlomeno in altri paesi, in Italia purtroppo un po' meno».
Copiate qualche idea dai produttori esteri?
«Cinesi e giapponesi sono i maestri, scuole da cui s'impara. Poi ci sono convention in giro per il mondo a cui partecipiamo, ormai ci conosciamo quasi tutti, e a denti stretti qualche segreto sull'ultimo fuoco inventato ogni tanto viene svelato. Quando ci sono grandi spettacoli, comunque, uno di noi prende sempre un aereo per andare a vedere cosa fanno gli altri».
Ma esiste anche una scuola italiana?
«Certo, i nostri fuochi fanno gola all'estero perché sono cilindrici, negli altri paesi sono sferici. È un prodotto ricercato, nato in Italia, poi esportato anche a Malta. In pratica mentre lo sferico produce una sola esplosione, il cilindrico ne fa di più. È per questo che esportiamo i nostri fuochi negli altri paesi, sono molto richiesti».
E non deve essere un trasporto semplice...
«Esistono aerei e navi dedicati a questo genere di trasporto pericoloso, ovviamente i costi sono molto alti e un aereo costa 6/7 volte più del trasporto via mare».
Quando siete riusciti ad arrivare sui mercati esteri?
«Negli anni duemila abbiamo avviato delle partnership in Germania, Spagna e Austria, cercavano fuochi cilindrici di qualità. Il trampolino, però, è stato lo spettacolo pirotecnico che abbiamo organizzato nel 2006 per l'inaugurazione delle Olimpiadi di Torino, è stato un palcoscenico internazionale, che ci ha fatto crescere la produzione».
Siete entrati anche nel Guiness dei primati...
«Abbiamo due record: lo spettacolo più grande del mondo in Kuwait nel 2012, 70 minuti di durata con 72mila fuochi esplosi, 2 milioni di spettatori e cento uomini al lavoro per quell'evento; poi il record per lo spettacolo più esteso, quello di Cavallino-Treporti a Venezia, 10 chilometri di fuochi lungo il litorale».
Quanto costa uno spettacolo?
«Dipende sempre da cosa una vuole, dall'intensità del ritmo delle esplosioni e dalla location. Uno spettacolo medio dura 15 minuti, si possono spendere dai 5 ai 50 mila euro. Certo, non tutti sono come gli arabi...».
Gianluca Salvagno
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