Il Santo secolo per secolo

Venerdì 24 Maggio 2019
Il Santo secolo per secolo
L'EVENTO
Come raccontare un cantiere aperto da più di settecento anni? E come mettere insieme l'evoluzione dell'architettura, i gusti delle diverse epoche, il susseguirsi degli usi liturgici, la devozione popolare se il cantiere è quello della Basilica di Sant'Antonio a Padova? Luogo di culto mondiale, visitato ogni anno da milioni e milioni di pellegrini, è una stratificazione di storia e di arte che racconta secoli di spiritualità racchiusi in un prezioso e sontuoso scrigno. Colonnati, altari, cappelle nel corso del tempo hanno subito rifacimenti e rimaneggiamenti, grandi e piccoli interventi che regalano alla Basilica l'aspetto che ha oggi. A raccogliere la sfida della narrazione è la mostra Il Santo com'era: rappresentazioni della Basilica attraverso i secoli, evento di apertura del Giugno Antoniano, allestita da ieri e fino al 6 luglio nelle salette restaurate di fresco vicino al Museo Antoniano nel complesso francescano.
L'OBIETTIVO
L'intento che ha guidato i curatori, Alessandro Borgato (consulente della Veneranda Arca per la Pontificia Biblioteca Antoniana) e Giovanna Baldissin Molli (docente dell'università degli Studi di Padova e presidente della Veneranda Arca con delega per l'archivio), è l'idea del viaggio. «Si vuole dare allo spettatore - spiega Borgato - la possibilità di essere trasportato dalla fine del Medioevo fino ai giorni nostri, lambendo l'essenzialità rinascimentale, il grandioso Settecento, il romantico Ottocento. Un viaggio che porta con sè un bagaglio di diverse emozioni, tutte però legate alla basilica come comune denominatore, come casa accogliente da cui partire e alla quale ritornare».
Esposti libri, stampe, incisioni con relative matrici in rame, disegni, dipinti e alcuni rarissimi modelli, il tutto realizzato fra il XV e il XX secolo. Molte le opere che non sono mai state esposte in precedenza, anche di privati collezionisti, che arrivano grazie alla collaborazione tra Veneranda Arca, Museo Diocesano e Centro Studi Antoniani. Opere rare, capaci di stuzzicare la curiosità del visitatore e che in alcuni casi fanno ancora arrovellare gli studiosi. «Direi che più di una storia - afferma Baldissin Molli - possiamo mettere meglio a fuoco aspetti che oggi ci sembrano scontati tanto siamo abituati a vederli, ma che invece costituiscono ancora punti interrogativi, all'esterno e all'interno del tempio, nel suo rapporto con la piazza, con la direttrice privilegiata di via del Santo e con l'arredo interno della chiesa».
DOCUMENTI PREZIOSI
In mostra, tra i documenti di epoca rinascimentale, c'è la prima guida alla Basilica: risale al 1590 ed è opera di padre Valerio Polidoro. Descrive nel dettaglio tutto il patrimonio già allora conservato; il testo è corredato da diverse raffigurazioni. All'epoca, però, come dimostra che la posteriore straordinaria pianta di Giovanni Valle presentata in mostra, non esisteva l'attuale via Luca Belludi che sfonda la visuale da Prato della Valle fino alla chiesa, particolare che in parte condiziona l'impostazione delle vedute. Non è dato sapere, all'epoca, che diffusione potesse avere la guida nè che scopo: testimonianza documentale, volume per pochi eletti? Contiene però una minuziosa descrizione dell'edificio, dei suoi manufatti artistici e delle epigrafi, con notizie storiche, nonchè una xilografia Figura della chiesa di S. Antonio di Paoua, simbolo del complesso negli scritti religiosi del Cinquecento. Altre guide seguiranno nei secoli, e la mostra ne dà puntualmente conto.
I MODELLI
Capitolo a parte meritano i modellini, sorta di maquette, che si soffermano sulla totalità del complesso antoniano oppure su alcuni particolari. In mostra, splendidi esemplari a partire dal bozzetto di un portale, opera delle Fonderie veneziane di Giuseppe Michieli risalente a fine Ottocento. In gesso argentato, pare fosse stato esposto per sondare il gradimento dei fedeli. In sostanza dei like, che si traducevano in semplici bigliettini. Il verdetto non dovette essere favorevole: infatti non fu mai realizzato. È invece di anonimo, sempre dell'Ottocento, uno stupendo modellino che riproduce con grande dovizia di particolari la Basilica. La particolarità: è apribile, e consente di osservare anche l'interno dell'edificio. È accostato all'opera di un altro anonimo, sempre del XIX secolo, che riproduce invece l'arca del Santo. Un altro gioiello per fattura e ricchezza di dettagli.
ATTORNO ALLA BASILICA
Ma che vita ferveva intorno alla Basilica? A testimoniarlo un acquerello su carta che immortala la Basilica con una fuga prospettica sull'attuale via Cesarotti: è tutto un brulicare di carrozze, venditori ambulanti e ci sono anche alcuni giocatori che si tirano una palla muniti di guantoni, tra un muro di spettatori. Il tragico incendio del 1746 doveva ancora accadere: la mostra ne dà testimonianza con incisioni di Giuseppe Carlo Zucchi e Giorgio Fossati. Ci sono le fiamme che si levano, lo sbigottimento dei frati e della popolazione. Lo spaventoso rogo distrusse la zona presbiteriale, ma nelle vedute compaiono anche parti demolite dopo il 1763, come la Sacrestia dei Conti e alcune arche. In altre opere, compare anche il sepolcro dell'antica famiglia padovana dei Papafava, proprio su lato di piazza del Santo, oggi non più esistente.
GLI ARTISTI
A dare conto della Basilica com'era anche opere di artisti stranieri di passaggio in città. È il caso di Eduard Gurk, arrivato al seguito dell'imperatore Ferdinando I d'Austria, che, dopo l'incoronazione a Milano come sovrano del regno lombardo-veneto, il 6 settembre 1838, fece un viaggio attraverso le principali città del suo dominio. Gli acquerelli dell'artista, soprattutto nella visione interna, danno conto di un Santo che oggi non c'è più. Fu infatti pochi decenni dopo, in occasione dei settecento anni della nascita di Sant'Antonio, nel 1895, che al complesso antoniano mise mano l'architetto Camillo Boito, un intervento potente e importante di cui rimane traccia, anche in mostra, grazie ai bozzetti presentati nel 1898 per il rifacimento interno delle pareti.
E che dire delle peripezie della statua di Sant'Antonio sopra il portale principale? Fin dal 1300 la nicchia era occupata da una statua di Rinaldino di Francia, ma a un certo punto ai fedeli non piaceva più. Oggi è conservata al Museo Antoniano. Boito allora incaricò lo scultore Augusto Felici, ma neppure la sua statua incontrò il gusto. È finita nel cortile della Casa del Pellegrino. Alla fine quella che vediamo è o+pera dello scultore Napoleone Martinuzzi, commissionata dall'allora presidente della Veneranda Arca Oddo Arrigoni, sulla quale, a quanto pare, finora non c'è stato da ridire.
«Questa mostra - conclude Emanuele Tessari, attuale presidente della Veneranda Arca - ci consente di leggere le trasformazioni della Basilica nel corso della loro plurisecolare esistenza e con essa ci aiuta a porre l'attenzione sulle straordinarie opere qui custodite, che proprio per le loro enorme quantità rischiano di creare un fondo indistinto che spesso sfugge all'attenzione del visitatore».
Maria Grazia Bocci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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