IL RITRATTO
Il canto più che le parole: solo un grido dell'anima come il

Venerdì 17 Agosto 2018
IL RITRATTO
Il canto più che le parole: solo un grido dell'anima come il suo poteva essere credibile, perfino rivoluzionario cantando fra masochismo, sensualità e fierezza versi così: «Quel che vuoi tesoro io ce l'ho... frustami con un po' di rispetto... picchiami con un po' di rispetto». Solo la voce fulminante di Aretha Franklin poteva trasformare quella canzone in un manifesto d'orgoglio femminile. Respect, pescata dal repertorio di Otis Redding, è stato probabilmente il suo più grande successo, anche se il suo songbook colma la memoria collettiva, da A natural woman, a Think, a Chains of fool, a Spanish Harlem.
IL MODELLO
Una collezione che ha fatto di Aretha, più che una cantante di successo, un simbolo della vocalità, modello imitato e mai raggiunto di espressività, potenza, esplosività. E, ora che se ne è andata, a 76 anni sconfitta dopo una lunga lotta dal cancro al pancreas, quel grido resta nelle orecchie, più forte che mai: invito prepotente ad andare a riascoltare quell'esaltante rosario, a ripercorrere una storia non facile, segnata dal successo senza misura. Aretha resta la cantante assoluta: capace di profondità, di virtuosismi senza limiti con le sue tre ottave di estensione, insieme sacra e profana, spirituale e torridamente carnale.
Non ci sono voci paragonabili nella storia del pop: da Beyoncè a Alicia Keys, impallidiscono tutte al suo confronto. Anche Whitney Houston, quanto a intensità e esplosività, resta lontanissima parente della immensa Aretha (che tra l'altro era la sua madrina). Pensiamo al primo, elegantissimo album del 61 che portava il suo nome come titolo, prodotto da John Hammond: piano, voce, una ritmica jazzistica e atmosfere fumose. Una rivelazione, scovata da un talent scout leggendario (scopritore di Billie Holiday, Bob Dylan e Bruce Springsteen) che la pescò, a soli 18 anni in un coro gospel e la portò di corsa negli studi della Columbia. Non ebbe successo quel disco, troppo raffinato, a cui seguirono altri cinque album sulla stessa linea, compreso un tributo al suo idolo, la cantante Dinah Washington.
LA SVOLTA
La svolta arrivò grazie al produttore Jerry Wexler, l'uomo che lanciò Ray Charles e Wilson Pickett e poi i Led Zeppelin, che nel 67 la strappò alla Columbia per farla passare all'Atlantic: «La feci sedere al pianoforte e le dissi, canta», ha raccontato. Una formula semplice, condita da un tessuto r'n'b, che aprì la strada a una sfilza di capolavori come gli album I never loved a man the way I love you, Aretha arrives, Lady soul, Aretha now, Aretha in Paris, Soul 69, Spirit in the dark, Live at Fillmore West, Amazing grace. Dischi che hanno segnato la black music, costruendo il mito di una voce inarrivabile per estensione, agilità, comunicativa.
Un monumento della musica, capace di resistere a una patologica fragilità caratteriale, forse determinata da una madre che, come si diceva allora, amava la promiscuità e da un padre predicatore, collaboratore di Martin Luther King, irresistibilmente attratto dalle orge (che Ray Charles descrisse nella sua autobiografia «sex circus»). Forse nasce da quell'adolescenza turbata la fame sentimentale di Aretha, (i primi due figli li ha avuti a 13 e 15 anni) da cui discendono matrimoni sbagliati (il primo marito manager, Ted White, poteva essere tranquillamente il lui di Respect). Una instabilità che la porta a cancellare spesso i suoi impegni (in Italia, nel 71, fu denunciata da Ezio Radaelli per aver intascato il cachet per un concerto al Palaeur, 40 milioni, e poi essersi data malata: la polizia la bloccò all'aeroporto e riuscì a ripartire solo dopo aver pagato 65 mila dollari). A vivere fobie insuperabili, come quella per l'aereo che le ha impedito di tornare in Europa dal 71.
IL CAOS
È passata dagli abusi alcolici e da quelli alimentari. Una confusione esistenziale accompagnata dal caos economico, tanto da essere più volte denunciata per insolvenza. Nonostante i 75 milioni di copie dei suoi 42 album venduti e compensi milionari, nel 1998 la Queen of soul aveva debiti per due milioni di dollari e nel 2015 è stata denunciata dal suo condominio per appena 11 mila dollari. Ecco perché, nonostante la malattia e gli annunci di ritiro non ha mai rinunciato, all'idea di tornare in pista dopo la scoperta del tumore al pancreas nel 2010, con la speranza a un certo punto di essere guarita (lo rivelò durante un concerto al Radio city).
IL FILM
Per questo la sua carriera ha vissuto alti e bassi (quelli degli anni 70), salvo poi rilanciarsi nell'80 con il film The blues brothers, dove ricantava, in modo travolgente, la sua Think. Certo, la sua storia è stata riempita da album d'occasione, gospel, duetti (nel 2007 con una sfilza di ospiti da Sinatra a Mick Jagger, a Whitney Houston), partecipazioni a cerimonie (per l'insediamento di Bill Clinton e Obama). Spesso ha ecceduto nel manierismo interpretativo, salvandosi a tratti con il suo graffio. Lo stesso che speriamo ci sia nell'ultimo lascito, vedremo di che dimensioni: quel disco che lei stessa aveva annunciato e che stava incidendo con Stevie Wonder nel ruolo di produttore.
Marco Molendini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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