IL RITRATTO
«Confesso, con Neruda, che ho vissuto», scrive Andrea Camilleri,

Giovedì 18 Luglio 2019
IL RITRATTO
«Confesso, con Neruda, che ho vissuto», scrive Andrea Camilleri, in Segnali di fumo, con una frase che, forse, avrebbe gradito come epigrafe funeraria. «Non credo di essere un grande scrittore. In Italia si ha l'ambizione di creare cattedrali, a me piace costruire piccole disadorne chiesette di campagna». Con il papà di Montalbano, morto ieri a 93 anni all'Ospedale Santo Spirito di Roma, dove era ricoverato dal 17 giugno, scompare l'ultimo cantastorie. Tutta l'Italia ieri si è stretta attorno a lui: «Grande narratore, ha avvicinato le persone al mondi dei libri», ha scritto il presidente Sergio Mattarella. «Buon viaggio, maestro», ha twittato Fiorello. Oggi, alle 15, l'ultimo saluto, al Cimitero Acattolico di Roma.
Oggi che il suo talento viene universalmente celebrato, pare impossibile che il primo romanzo, Il corso delle cose, sia stato pubblicato (gratis) solo nel 1978 da un editore a pagamento, Lalli, che ora ricorda: «Che onore, tenerlo a battesimo». Sembra impossibile che abbia avuto dieci rifiuti e che ci si dicesse: «Il suo romanzo è impubblicabile a causa del linguaggio». Sì, perché era proprio la lingua, quel siciliano parlato nell'immaginaria Vigàta di Montalbano, a essere il problema. Camilleri ricorda - in Ora dimmi di te che i no durarono dieci anni. «Ma non mi persi d'animo, non mi scoraggiai, anzi me ne fregavo e continuavo a fare teatro».
LA VITA
Nato nel 1925 a Porto Empedocle, ebbe una vita da romanzo: l'espulsione dal collegio ai tempi del ginnasio per aver lanciato uova contro il crocifisso; la maturità conseguita senza esami all'epoca dello sbarco delle forze alleate; i tormenti della fame a Roma, quando, studente, viene cacciato all'Accademia di arte drammatica Silvio D'Amico perché «sorpreso a fare all'amore con un'allieva»; il matrimonio con la compagna di sempre, Rosetta, che «riuscì, ridendo e non rendendosene conto, a infilare l'anello matrimoniale non nel mio dito ma in quello del prete, che si tiro indietro inorridito» Aneddoti veri o romanzati? Il teatro occupa un posto a sé nella vita di Camilleri, primo a portare in Italia i testi di Beckett e Ionesco. Gli anni Sessanta sono quelli della Rai; e non stupisce che tra i sceneggiati di cui si occupa come delegato alla produzione figurino Il tenente Sheridan e Il commissario Maigret con Gino Cervi. Poi avviene qualcosa di straordinario: «A un certo punto, la vena poetica e narrativa che credevo di avere interrato si rivelò invece essere una sorta di fiume carsico».
Nel 1968 Camilleri tiene fede alla promessa fatta al padre gravemente ammalato, e scrive il suo primo romanzo, Il corso delle cose. Conta sull'amicizia con Nicolò Gallo, importante editor di Mondadori, per pubblicarlo; ma la sua morte improvvisa, nel 1971, blocca ogni progetto. È proprio la lingua a suscitare perplessità. Camilleri viene rifiutato da Bompiani, Marsilio, Feltrinelli; finché cede a pubblicare con Lalli il suo romanzo, che viene usato come base per uno sceneggiato. Due anni dopo esce con Garzanti Un filo di fumo, primo dei romanzi ambientati a Vigàta; nel 1984 Camilleri tenta il genere storico, con La strage dimenticata, che segna il passaggio a Sellerio. Nasce un sodalizio lunghissimo con questo editore, e in particolare con Elvira, «una donna straordinaria». Di lei Camilleri ha ricordato «il dono di unire in sé qualità umane e professionali apparentemente discordanti»; e le «discussioni accesissime, dove però la sua tenerezza era sempre presente». Il successo non arriva, Camilleri detto Nené si scoraggia. Passano dodici anni, Elvira Sellerio va a trovarlo a teatro e gli dice: «Credo che ora tu sia pronto a darmi un nuovo libro». Così lo scrittore di Porto Empedocle torna in libreria con La stagione della caccia, La bolla di componenda, e soprattutto La forma dell'acqua, prima inchiesta del commissario Montalbano. Il vero fenomeno esplode nel 1998: La concessione del telefono e Il birraio di Preston sbancano ogni record di vendita, mentre l'esordio della serie tv moltiplica le vendite.
I critici, all'inizio furono piuttosto diffidenti. Uno dei primi a capire, invece, la genialità di Camilleri fu Goffredo Fofi, che definitì snob e invidiosi i suoi detrattori. «Con Montalbano - ha raccontato Camilleri - mi capitò che questo personaggio cominciò a convivere con me e, più si dilatava il successo, più io mi sentivo come fatto prigioniero da lui. Tra me e il mio personaggio si creò insomma un rapporto di amore-odio».
IL SUCCESSO
Il successo ha consentito a Camilleri di dare pieno sfogo a quel «fiume carsico» che ha coltivato tutta la vita. Dai ricordi di Esercizi di memoria ai gialli extra-Montalbano: Km 123 è il titolo del romanzo apparso nella collana che celebra i 90 anni dei Gialli Mondadori, con la quale, si potrebbe dire, lo scrittore è cresciuto. Oggi si favoleggia del numero imprecisato di inediti lasciati da Camilleri a Sellerio, e in particolare del romanzo conclusivo della saga di Montalbano, intitolato Riccardino, che l'autore ha scritto anni fa, all'epoca della morte del suo amico autore (che ispirò il suo personaggio), Manuel Vázquez Montalbán. Neppure l'ad Antonio Sellerio, che conserva il manoscritto in un cassetto, ha voluto finora leggerlo, «per scaramanzia».
Riccardo De Palo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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