Il ricordo di Peppino Di Capri: «Quanti scherzi tra di noi era sempre pronto al sorriso»

Sabato 9 Novembre 2019
L'INTERVISTA
«Ci incontrammo sette o otto anni fa, per un collegamento televisivo la sera di Capodanno. Stava già molto male. Gli dissi: Ma cosa ci fai qui?. E lui rispose: Non lo sai? Devo cantare anche io»: a parlare è Peppino Di Capri (80 anni), che ricorda così il suo ultimo incontro con Fred Bongusto, il cantante di Una rotonda sul mare scomparso ieri a Roma all'età di 84 anni dopo una lunga malattia. «Negli ultimi anni mi è stato proibito di fargli visita e così anche ad altri amici. La figlia adottiva, nata dal precedente matrimonio della moglie di Bongusto, Gabriella Palazzoli (ex soubrette scomparsa nel 2016, ndr), non voleva che andassimo a trovarlo a casa. Le sue condizioni si erano aggravate».
Eravate molto legati?
«Certo. La nostra è stata una bella amicizia, che ha resistito al passare del tempo».
I giornali, negli Anni 60, parlavano spesso di una rivalità tra voi due: c'era davvero questa competizione?
«Macché. Quando stavamo insieme non c'era un momento in cui non ci prendevamo in giro. Fred aveva sempre il sorriso sulle labbra».
Ad un certo punto vi ritrovaste anche a condividere i palchi dei concerti.
«Nel 1996 annunciammo un tour congiunto. Io cantavo le canzoni di Fred e lui cantava le mie. Era un modo per ricordare i tempi in cui inseguivamo il successo, tra la fine degli Anni 50 e i primi 60, in quel mondo sempre in evoluzione».
Insieme a Johnny Dorelli, Nicola Arigliano, Teddy Reno e Emilio Pericoli eravate i cosiddetti cantanti confidenziali, la versione italiana dei crooner britannici e americani.
«È così. Fred in particolar modo aveva una voce bellissima, forse una delle più belle che siano mai esistite nel panorama della musica leggera italiana: ricordava il vero night'».
L'esperienza del tour congiunto del 96 fu breve: come mai?
«Gli impresari che organizzavano la tournée decisero di interromperla, perché i costi erano troppo elevati. D'altronde c'erano ben due orchestre ad accompagnarci sul palco. E poi le luci, i tecnici, i fonici: troppe spese. Nonostante i pienoni, facemmo poche date».
Cosa è rimasto di quel progetto?
«Un album che uscì subito dopo la tournée, per ricordare quell'esperienza: Visto che non ci fanno andare avanti, almeno facciamo un disco, ci dicemmo».
Un aneddoto di quel tour?
«L'atmosfera goliardica delle prove e dei concerti. Io ero molto pignolo e mi preoccupavo di tutti i dettagli, anche delle cose più tecniche. Invece Fred andava a giocare a tennis. Una passione che gli ho trasmesso io, peraltro, quando in Versilia giocavo con i miei musicisti e lui seguiva le partite da appassionato, facendo il tifo per me».
Mattia Marzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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