IL RACCONTO
«Non esiste un modo onorevole di uccidere, né un modo gentile

Martedì 4 Agosto 2020
IL RACCONTO
«Non esiste un modo onorevole di uccidere, né un modo gentile di distruggere. Non c'è niente di buono nella guerra, eccetto la sua fine». Potremmo declinare queste parole di Abraham Lincoln dagli albori dell'Umanità ai secoli a venire, sia che si combatta con le pietre o maneggiando un joystick. Perché nessuno si salva dalla guerra. Il primo conflitto mondiale provocò quasi dieci milioni di morti tra i soldati - 650mila italiani - e altri sette milioni tra le popolazioni civili a causa di operazioni militari, carestie, epidemie. Il Nordest italiano odierno - Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige-Sudtirolo - fu uno dei principali teatri del conflitto tra le armate italiana e austro-tedesca. Luoghi sereni e ameni oggi, tra i mille colori delle Dolomiti, conobbero morte, distruzione, fame, saccheggi. Un libro ora racconta ciò che accadde nell'Agordino durante l'occupazione austro-tedesca nel 1917 e nel 1918, dalla disfatta di Caporetto alla fine della guerra.
LA MEMORIA
Il volume ha per titolo Gli artigli dell'Aquila Storie di guerra, di fame, d'amore e di morte (Edizioni Grafica Sanvitese, euro 18). I protagonisti non sono tanto gli eserciti, «si vuole piuttosto raccontare - scrive l'autore, Dario Fontanive, bellunese di Canale d'Agordo, Accademico del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna e collaboratore del Gazzettino - della vita quotidiana delle popolazioni che per disgrazia o semplicemente per sfortuna vivevano nei paesi a ridosso del fronte». Il Mandamento Agordino all'epoca era composto da tredici Comuni che subirono prima l'occupazione dei militari italiani verso il fronte San Pellegrino, Marmolada, Col di Lana, e dopo Caporetto l'invasione dell'esercito austro-tedesco. Nell'opera, 360 pagine con moltissime immagini d'epoca, l'autore punta soprattutto sullo sconvolgimento materiale e morale che subirono gli agordini: «Donne, anziani e bambini si trovarono da un giorno all'altro privati dei loro uomini, dei loro figli e dei loro padri a dover convivere con i soldati di stanziamento prima e di occupazione poi, sopportando restrizioni, ordini e soprusi».
SOLDATI PRETI E DISERTORI
Fontanive racconta storie di profughi; di soldati accusati di diserzione solo perché, durante la disordinata ritirata, si fermarono a salutare la famiglia; di violenza alle donne; dei campi devastati dagli eserciti per far passare l'artiglieria; dei tanti parroci di paese, uniche voci a difesa della povera gente; anche di amori sbocciati tra i colpi del cannone e di amicizia tra nemici.
Già alla fine del 1915 don Filippo Carli, parroco di Rocca Pietore, scriveva: «L'anno si chiude con un numero straordinario di morti. Molti bambini morirono nella scorsa primavera e nell'estate per malattie infettive; molti adulti morirono per febbre tifoidea (). La pace sembra molto, molto lontana. () Il Col di Lana è seminato di cadaveri insepolti, se ne calcolano 15mila tra italiani e austriaci». Durante l'inverno (quello tra 1915 e 1916 viene ricordato come uno dei più nevosi del secolo) le valanghe fecero più morti dei cecchini: il 9 marzo del 1916 nella zona di Fuciade (San Pallegrino) rimasero uccisi 39 soldati italiani; sotto la Marmolada un'enorme massa di neve seppellì duecento uomini; all'imbocco dei Serrai di Sottoguda un'altra valanga uccise 20 soldati, 19 operai e 70 muli.
AMORE & GUERRA
Ma Cupido colpisce anche in tempo di guerra. Il 2 febbraio 1917 nel municipio di Forno di Canale (Canale d'Agordo dal 1964) si sposarono Oppilio Pirro Basini, piacentino, autista di un colonnello, e Maria Soppelsa, che aspettava un bimbo da lui. Non fu fortunata, invece, Maria Fortunata Paolin; si innamorò di un bersagliere toscano che promise di tornare da lei a guerra finita. Il giovane tornò ma la sua Maria era morta di febbre spagnola.
LO ZIO DEL PAPA
Tra le tante storie compare anche quella di Filippo Umberto Luciani, zio di Papa Albino, richiamato alle armi nel settore Sanità, il quale inventò un unguento miracoloso che riusciva a guarire le ferite da schegge. Molti medici che sperimentarono con successo l'unguento chiesero invano all'inventore la formula della medicina; si sa solo che conteneva, tra molto altro, trementina di larice, olio d'oliva e cera d'api. Il Papa del sorriso compare anche nelle parole del fratello Edoardo che ricordava i racconti della madre: «Si era messo via qualche cosa. Ma proprio nel 17-18 passarono i tedeschi e saccheggiarono il paese. () Albino aveva cinque anni allora e entrando in casa si metteva a piangere perché nel piatto c'erano solo ortiche. E arrivò il momento in cui non si trovavano più neanche quelle».
MILITARI EROI E DIARI
Nel volume sono tratteggiate altre straordinarie figure. Tra i molti preti lo stesso don Filippo Carli, scrittore, cronista e scopritore di vocazioni, tra cui quella di Albino Luciani. Ludovico Necchi, tenente medico, uomo dalle grandi doti umane e spirituali; con padre Agostino Gemelli, fu promotore dell'Università Cattolica di Milano e quando il buon tenente morì nel 1930, venne avviata la causa di beatificazione, ferma però dal 1975 (Necchi fu dichiarato Venerabile nel 1971). Fontanive, grazie a un meticoloso lavoro di ricerca, ha scovato storie inedite. Come il diario di Bernardino Mastroianni, sergente di fanteria da Frosinone, che racconta i giorni drammatici e caotici che precedettero la ritirata sul Piave; dopo la guerra, Mastroianni lasciò la divisa per l'abito talare.
Gli scritti di Cesare Laveder, collaboratore del Gazzettino, e Primo Frescura, che raccontarono l'invasione con pagine dure e impietose nei confronti dell'allora nemico.
Da Caporetto alla vittoria sul Piave furono mesi tragici anche in Agordino. Le campane delle chiese diventarono cannoni, tutto venne devastato e razziato dagli invasori in fuga, molti bambini vennero uccisi dallo scoppio di ordigni abbandonati, altre vite le rapì la Spagnola. E suonano sempre più vere le parole di Emilio Fontanive, nonno dell'autore, quando ricordò che «Guera, l'è guera par tuti».
Franco Soave
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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