IL PROCESSO
VENEZIA Per il procuratore generale della Cassazione spetta alla

Giovedì 22 Ottobre 2020
IL PROCESSO
VENEZIA Per il procuratore generale della Cassazione spetta alla Corte costituzionale il compito di dirimere la questione relativa alla legge sul finanziamento illecito ai partiti, con particolare riferimento alla figura dei sindaci: la norma non li elenca, e dunque la difesa del primo cittadino di Venezia, l'avvocato Giorgio Orsoni, sostiene che un candidato sindaco non commette alcun reato se riceve contributi irregolari. Nel processo di primo e secondo grado per lo scandalo Mose, sia Tribunale che Corte d'appello di Venezia sono stati di diverso avviso e, dopo aver accertato che Orsoni ha ricevuto 250 mila euro in nero per la sua campagna elettorale del 2010 dall'allora presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, hanno dichiarato il reato prescritto poiché è trascorso troppo tempo dai fatti. Il ragionamento dei giudici di merito si basa sul fatto che il candidato sindaco corre sempre per diventare consigliere comunale, figura esplicitamente citata nella legge sul finanziamento illecito. Ma il procuratore generale della Cassazione non concorda e vorrebbe che fosse la Consulta a pronunciarsi. In caso contrario, ha chiesto ai giudici della Cassazione di assolvere Orsoni perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Oltre ad Orsoni ha presentato ricorso contro la sentenza d'appello anche l'imprenditore romano Erasmo Cinque, titolare della Socostramo, condannato a 4 anni di reclusione per corruzione, con la confisca di ben 9 milioni di euro, soldi che dovrà pagare se la sentenza diventerà definitiva. Secondo l'accusa, rappresentata dai pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, Cinque aveva ottenuto in affidamento lavori per il disinquinamento di Porto Marghera senza nessuna gara, grazie all'allora ministro all'Ambiente Altero Matteoli, condannato a sua volta a conclusione del processo di primo grado e deceduto prima dell'appello. Nei confronti di Cinque, il pg ha chiesto che il suo ricorso sia dichiarato inammissibile, in quanto basato su questioni di merito già analizzate in primo e secondo grado. Se però la Corte decidesse per l'ammissibilità, non potrà che dichiarare prescritto il reato.
La procura generale ha infine chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi dell'avvocato romano Corrado Crialese, (al quale è stata inflitta la pena di 1 anno e 8 mesi di reclusione per il reato di millantato credito) e dell'imprenditore veneziano Nicola Falconi, ex presidente dell'Ente gondola, per il quale la Corte d'appello ha già dichiarato la prescrizione del reato di corruzione. Prima dell'udienza, Falconi ha deciso di risarcire Comune e Città metropolitana di Venezia versando complessivamente 60 mila euro, pari all'ammontare della provvisionale stabilita dalla Corte d'appello e il legale dei due enti pubblici, l'avvocato Luigi Ravagnan, ha revocato la costituzione di parte civile contro di lui. Ieri in aula hanno discusso anche le altre parti civili: il Consorzio Venezia Nuova, rappresentato dall'avvocatessa Paola Bosio, la Regione Veneto (avvocato Bolognesi) e l'Avvocatura dello Stato per presidenza del Consiglio e ministero delle Infrastrutture. La posizione dell'ex presidente del Magistrato alle acque, Maria Giovanna Piva, accusata di corruzione, non è invece approdata in Cassazione: la sentenza di prescrizione dichiarata in appello non è stata impugnata ed è diventata definitiva.
Nel frattempo a Milano la Corte d'appello ha confermato l'assoluzione per l'ex presidente della Mantovani costruzioni, Piergiorgio Baita, finito sotto accusa per una vicenda relativa ad alcuni lavori per l'Expo.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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