IL PERSONAGGIO
Artista dalla versatilità rinascimentale dispiegata a 360

Domenica 16 Giugno 2019
IL PERSONAGGIO
Artista dalla versatilità rinascimentale dispiegata a 360 gradi nel cinema, in teatro, nella lirica, fiorentino purosangue e lontano discendente di Leonardo da Vinci, nominato cavaliere dell'Impero Britannico dalla Regina Elisabetta nel 2004 e di casa a Hollywood, Franco Zeffirelli è stato uno degli italiani più acclamati nel mondo. Se n'è andato ieri mattina a 96 anni nella sua grande villa sull'Appia Antica, portato via da una sequenza di polmoniti. Ma la morte è stata serena mentre i figli adottivi Pippo e Luciano gli tenevano la mano. «È stato un padre vero per quarant'anni», racconta commosso Luciano. C'erano anche il medico e il parroco della chiesa di San Tarcisio che giorni fa aveva impartito al regista l'estremo sacramento. I funerali verranno celebrati nella sua Firenze dove poi Zeffirelli riposerà nel Cimitero delle Porte Sante. Palazzo Vecchio ospiterà domani la camera ardente.
STANDING OVATION
Nato il 12 febbraio 1923 a Firenze, un'infanzia difficile da figlio illegittimo e una carriera internazionale costellata di record, il maestro è uscito di scena con l'applauso: appena due mesi fa aveva ricevuto il premio alla carriera a Palazzo Madama dalle mani della presidente del Senato Elisabetta Casellati suscitando la standing ovation dei membri dell'Assemblea di cui aveva fatto parte, per Forza Italia, nella 12ma e 13ma legislatura. Ironico, polemico, passionale, tifoso sfegatato della Fiorentina, nemico di ogni totalitarismo (nel 1943 fece la staffetta partigiana, fu catturato dai tedeschi e rischiò la fucilazione), era un omosessuale dichiarato e un credente cresciuto all'ombra del sindaco santo di Firenze Giorgio La Pira.
Ebbe sempre un conto in sospeso con la sinistra, che accusava di «vampirizzare» la cultura. «Era un artista gigantesco, eppure nel 2006 nessuno voleva consegnargli il David di Donatello», accusa Massimo Ghini che, diretto dal maestro, nel 1983 portò in scena un'indimenticabile Maria Stuarda e nel 1999 girò il film Un té con Mussolini. «In Italia non gli volevano bene, erano invidiosi del suo successo internazionale». Zeffirelli se n'è andato con la soddisfazione di vedere inaugurato, due anni fa a Firenze, il Centro delle Arti e dello Spettacolo a lui intitolato e riempito di documenti, sceneggiature, bozzetti, cimeli della sua carriera. In oltre 70 anni di lavoro, il regista ha firmato regie liriche importanti e grandi film che trasudano eleganza formale, fasto, gusto filologico dei dettagli, tutti interpretati da cast stellari: La Bisbetica domata, Romeo e Giulietta, Fratello Sole Sorella Luna, Gesù di Nazareth, Il campione, Otello, Il giovane Toscanini, Callas Forever. Anche negli ultimi anni continuava a coltivare progetti ambiziosi come la monumentale storia dei Medici (I Fiorentini) e un film sulla Divina Commedia.
VITA DA ROMANZO
La vita del regista (vero nome Gianfranco Corsi), figlio illegittimo di una coppia clandestina, sembra uscita da un romanzo d'appendice. Il futuro maestro nasce da due genitori sposati ad altri: Ottorino Corsi, un commerciante di stoffe che lo riconoscerà solo a 19 anni, e Alaide Garosi Cipriani. All'epoca, ai bastardi veniva dato un cognome inventato: la madre, che amava l'aria Zeffiretti lusinghieri dell'Idomeneo di Mozart, scelse proprio quello che venne però storpiato dall'impiegato dell'anagrafe. Fino ai sei anni, quando viene accolto da una zia, Franco cresce all'Istituto degl'Innocenti, l'orfanotrofio di Firenze. Frequenta poi l'Accademia di Belle Arti. Il primo film da regista, nel 1957, è Camping dopo il tirocinio che nel 1954 lo aveva affiancato all'altrettanto giovane Francesco Rosi sul set di Senso. Ed è proprio Luchino Visconti a contrassegnare la sua carriera internazionale: Franco comincia come scenografo e aiuto regista del principe milanese (Troilo e Cressida, La terra trema) che per un lungo periodo fu anche suo partner in un burrascoso rapporto sentimentale. Illustri le amicizie di Zeffirelli che aveva il potere di consolare Maria Callas trascurata da Onassis, sapeva come domare i capricci di Liz Taylor, fece dell'ingovernabile Mel Gibson un Amleto magnetico e convincente, ospitava nel suo casale di Positano Rudolph Nureyev, era intimo di Anna Magnani.
MISTERO
Pur non avendo mai fatto mistero del suo orientamento sessuale, il regista non accettava i matrimoni gay e le adozioni di bambini da parte di coppie dello stesso sesso. La sua omosessualità, spiegava, era nel solco di «una tradizione antica e di alto livello intellettuale, come nel Rinascimento o nella cultura greca». L'ultima regia è Omaggio a Roma, un super-spot della Capitale commissionato nel 2009 dal Comune, con Andrea Bocelli e Monica Bellucci. Melodrammatico ed evocativo della Tosca, resta uno dei film più zeffirelliani del regista che viene ora pianto da intellettuali, cineasti, politici, rappresentanti istituzionali come il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i Presidenti dei due rami del Parlamento Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, il premier Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Alberto Bonisoli.
Gloria Satta
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci