Il nuovo attacco frontale da parte del virus killer sta togliendo spazio al dopo Pandemia, che almeno sulla carta, con l'arrivo dei vaccini, è già iniziato e che viceversa viene ancora una volta messo a fianco del problema salute, ma un passo indietro. L'idea che tutto si risolva con il Next generation plan è perlomeno puerile, certo, l'immensa fortuna finanziaria che viene messa a disposizione della ripresa è sostanzia perchè la si possa far decollare, ma parimenti serve un idea- modello Paese, che nell'enciclopedico piano Draghi, presentato al Parlamento e da esso approvato, è sicuramente presente ma che per la realizzazione della quale servono tempi, modi e ahimè, selezioni, ovvero non illudiamoci che quel che era risarà e che tutto dovrà ricominciare da dove siamo eravamo. I motivi di dover procedere ad una selezione sono innumerevoli, i due più importanti sono che il mondo cammina con un altro passo e che noi non avendolo adottato siamo rimasti troppo indietro, così tanto da ottenere una crescita del Pil degli ultimi 20 anni dimezzata in rapporto a quella degli altri principali partner europei e fanalino di coda, compreso Grecia, dell'Eurozona. Serve fin da subito un piano che in parte si rifaccia a quello che sarà presentato a livello comunitario e in parte sia farina destinata al mulino interno e raccolta entro confine da capitali pubblici e privati in modo da poter generare finalmente l'agognato rilancio. In prima fila debbono esserci gli investimenti in ricerca e innovazione dei settori della salute, biotech-pharma, ma anche tecnologia e formazione specializzata, ingegneria informatica, automotive con motore elettrico e filiera delle batterie ricaricabili, meccatronica, ovvero il modo di far interagire meccanica, elettronica e informatica al fine di automatizzare i sistemi di produzione ma salvaguardando, con la formazione permanente, l'elemento capitale umano che deve rimanere insostituibile per il presente e per il futuro. Su questi grandi temi serviranno risorse finanziarie proprie del nostro paese pubbliche ma soprattutto private e per ottenerle servirà uno Stato che sappia costruire una macchia pubblica efficiente e trasparente, che non opprima imprese e famiglie con la pressione fiscale e contributiva, che liberi da lacci della burocrazia e che si metta al servizio dei cittadini e non viceversa come è successo e succede da molti decenni. Draghi è forse l'unico che possa permettersi di puntare a far volare alta l'Italia, ed è per questo che il suo agire deve sostituire i dettami teorici e farli diventare pratici. La macchina Paese non è certo una Ferrari, ma può risalire posizioni e tornare ad essere una fuoriserie se i criteri previsti per lo sviluppo sono pilastrati sui settori e comparti citati e dispongono della complicità e sostenibilità pubblica. Far scucire denari dagli imprenditori si può se gli si sottopone un piano da loro condiviso attraverso le maggiori sigle che li rappresentano e se quel piano ha ragionevoli certezze di non essere modificato al primo cambio di Governo, e di maggioranza che lo sostiene, cosa avvenuta regolarmente finora. Perchè si verifichi è indispensabile fissare un piano decennale approvato da tutte le forze politiche che sostengono l'esecutivo Draghi e qualunque di esse vinca alle prossime elezioni deve essere impegnata a mantenerlo. Allora si che ci potrà essere una nuova vincente Italia.
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