IL LIBRO
«Da un pertugio nel soffitto, un altro che non aveva ancora trovato

Sabato 28 Dicembre 2019
IL LIBRO
«Da un pertugio nel soffitto, un altro che non aveva ancora trovato altro posto che sul tetto sotto il trolley, gridò che mentre il Tramway di Servola non ritarda che per delle ore, il treno di Wladiwostock ebbe una volta il ritardo di tre settimane. Se è così - aggiunse quello del trolley - quei poverini che dovettero mangiare fuori di casa per ben tre settimane ai prezzi attuali, devono essersi rovinati. Almeno noi del Tramway di Servola mangiamo sempre a casa perchè quando il Tramway non va più, andiamo a piedi». L'ironia, a tratti il sarcasmo, di Italo Svevo è ormai cosa nota. Lo scrittore triestino, tra doveri familiari, lavoro, triestinità e psicanalisi, ci ha abituato a resoconti alle volte grotteschi, divertenti e soprattutto pungenti, sul costume italico e sui propri legami familiari. E se conosciamo molto del suo pensiero attraverso i suoi capolavori, da Una vita a Senilità fino alla straordinaria storia de La Coscienza di Zeno, ora le Edizioni di Storia e Letteratura pubblicano un interessantissimo volume Scritti giornalistici, saggi postumi, appunti sparsi e pagine autobiografiche (euro 65, 626 pagine, a cura di Brian Moloney e note di Nicoletta Staccioli) che ci fa conoscere l'attività pubblicistica dello scrittore, le sue corrispondenze triestine, le sue riflessioni su temi e argomenti per di più di carattere letterario, ma che di filosofia apparse in particolar modo su alcuni giornali del tempo come L'Indipendente; La Nazione di Firenze; Il Popolo di Trieste oppure scritti d'occasione apparsi su riviste e giornali del tempo.
SGUARDO SUL MONDO
Quello che ne emerge, così come nel brano sul tram di Servola, la località dove risiedeva lo scrittore e dove vi era la ditta di famiglia, è uno sguardo attento alle vicissitudini del tempo, ai dati di cronaca, con quella sottile ironia e quel sottile distacco che, non solo hanno reso famoso Svevo nella letteratura italiana e internazionale, ma che soprattutto lo hanno messo in relazione con altri grandi protagonisti della scena letteraria di inizio Novecento come James Joyce. Il brano dedicato al tram di Servola lo pone così anche come acuto osservatore affetto da quella malattia del nonchalance che, come è noto, lo hanno reso famoso. Il libro non è solo questo, ma offre una sezione particolarmente interessante e che getta nuova luce sulla scrittura sveviana dedicata ai saggi rimasti inediti fino alla morte dell'autore.
MOLTI INEDITI
E qui Svevo si rivela per quell'intellettuale appassionato, intriso di cultura, in bilico tra le sue identità (quella di ebreo ateo, di mitteluropeo e di cultura italiana) che abbiamo sempre apprezzato e conosciuto. Ed ecco qui le riflessioni del sentimento in arte: «Diamo il titolo di dotto - scriveva - in un'arte alla persona che oltre a conoscerne la storia e la tecnica, possa approfittare di queste nozioni per il suo buon gusto, per le sue naturali disposizioni all'arte di cui si tratta. Questi è il dotto! Il pedante per esempio può essere molto addottrinato ma mai dotto in questo senso. Gli manca il buon gusto che è parte integrale di questa scienza, anzi una base». Parole concrete e che spesso si contrapposero alla realtà del tempo, basti pensare a certo decadentismo.
IN FAMIGLIA
E se gli scritti inediti offrono uno spaccato dello Svevo critico e osservatore della realtà che lo circonda, ci si immerge in uno Svevo a dir poco intimista sfogliando le pagine delle cronache familiari, veri e propri bozzetti che ci rendono partecipi della dialettica in casa dell'autore; oppure le pagine di diario, fino agli aforismi e alle dediche, molte delle quali a dir poco fulminanti come E Pensando. Dice lo scrittore: E pensando che quando morirò, morirà con me il mio dubbio, la mia lotta con me stesso e gli altri, tutta la mia curiosità e tutta la mia passione, io, davvero, penso che il mondo avrà dalla mia morte, una grande semplificazione (...)».
Paolo Navarro Dina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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