IL LIBRO
Certo il libro è dell'autore che lo scrive, ma nel momento in cui viene pubblicato e messo in vendita diventa del lettore. Ed è quest'ultimo che lo interpreta attraverso la propria esperienza, spesso andando oltre, arricchendone il contenuto, mai travisandolo. Ho ballato di tutto, debutto letterario di Paolo Butturini (Edizioni Albatros, 13,50 euro) colpisce per versatilità e poliedricità dei piani di lettura che si possono intravvedere nella trama, solo apparentemente semplice, di un omicidio efferato sullo sfondo di una Verona gattopardesca. Note biografiche, abilmente sviate, nel protagonista Anacleto Lippi, nerista di razza, che svezzato nella redazione di uno dei quotidiani della città scaligera, aveva poi fatto il salto nel grande giornale della Capitale. Come Butturini, che nato a Milano, e poi cresciuto professionalmente e non solo a Verona, nella cronaca del Gazzettino, ha poi terminato la carriera a Roma, lavorando per Paese Sera, Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport, spaziando dalla nera alla giudiziaria, dalla politica allo sport, dallo spettacolo alla cultura.
Ho ballato di tutto è un libro generoso e spietato nel contempo. Generoso perché ridà dignità al giornalismo di provincia che setaccia e monitora il territorio, mettendoci la faccia nel contatto diretto con le persone e con i personaggi. Generoso, sì, perché riconosce il valore del maestro nell'acquisire i ferri e la scaltrezza del mestiere di giornalista, incarnando questa figura in Augusto Caneva (non a caso mantenendone il nome reale) morto prematuramente nel 1993 a 50 anni, cronista di valore, testimone sempre attento e soprattutto attendibile delle storie che riportava con stile asciutto e arguto, sempre in prima linea senza sconti per nessuno. È lui, la Settimana enigmistica vivente come lo indicavano i colleghi, che, strappato a un ingiusto oblìo, spiega ad Anacleto la sua personalissima filosofia esistenziale».
Ho ballato di tutto è spietato nell'indagare i vizi (tanti) e le virtù della dimensione provinciale di una Verona, sempre uguale e sempre diversa, in un salto temporale che va dagli anni Ottanta ai giorni nostri fra nostalgici del Ventennio e politicanti senza scrupoli, tra infiltrazioni della criminalità organizzata che si salda con la delinquenza di estrema destra, tra imprenditori onesti e corrotti, tra poliziotti buoni e cattivi, tra vincitori presunti e perdenti caparbi. Sullo sfondo la fatica di essere e fare il giornalista, nella sfida lanciata delle nuove tecnologie e dall'era dei social, con la responsabilità di un rapporto onesto e critico con le fonti e la tentazione dello scoop facile.
Monica Andolfatto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA Certo il libro è dell'autore che lo scrive, ma nel momento in cui viene pubblicato e messo in vendita diventa del lettore. Ed è quest'ultimo che lo interpreta attraverso la propria esperienza, spesso andando oltre, arricchendone il contenuto, mai travisandolo. Ho ballato di tutto, debutto letterario di Paolo Butturini (Edizioni Albatros, 13,50 euro) colpisce per versatilità e poliedricità dei piani di lettura che si possono intravvedere nella trama, solo apparentemente semplice, di un omicidio efferato sullo sfondo di una Verona gattopardesca. Note biografiche, abilmente sviate, nel protagonista Anacleto Lippi, nerista di razza, che svezzato nella redazione di uno dei quotidiani della città scaligera, aveva poi fatto il salto nel grande giornale della Capitale. Come Butturini, che nato a Milano, e poi cresciuto professionalmente e non solo a Verona, nella cronaca del Gazzettino, ha poi terminato la carriera a Roma, lavorando per Paese Sera, Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport, spaziando dalla nera alla giudiziaria, dalla politica allo sport, dallo spettacolo alla cultura.
Ho ballato di tutto è un libro generoso e spietato nel contempo. Generoso perché ridà dignità al giornalismo di provincia che setaccia e monitora il territorio, mettendoci la faccia nel contatto diretto con le persone e con i personaggi. Generoso, sì, perché riconosce il valore del maestro nell'acquisire i ferri e la scaltrezza del mestiere di giornalista, incarnando questa figura in Augusto Caneva (non a caso mantenendone il nome reale) morto prematuramente nel 1993 a 50 anni, cronista di valore, testimone sempre attento e soprattutto attendibile delle storie che riportava con stile asciutto e arguto, sempre in prima linea senza sconti per nessuno. È lui, la Settimana enigmistica vivente come lo indicavano i colleghi, che, strappato a un ingiusto oblìo, spiega ad Anacleto la sua personalissima filosofia esistenziale».
Ho ballato di tutto è spietato nell'indagare i vizi (tanti) e le virtù della dimensione provinciale di una Verona, sempre uguale e sempre diversa, in un salto temporale che va dagli anni Ottanta ai giorni nostri fra nostalgici del Ventennio e politicanti senza scrupoli, tra infiltrazioni della criminalità organizzata che si salda con la delinquenza di estrema destra, tra imprenditori onesti e corrotti, tra poliziotti buoni e cattivi, tra vincitori presunti e perdenti caparbi. Sullo sfondo la fatica di essere e fare il giornalista, nella sfida lanciata delle nuove tecnologie e dall'era dei social, con la responsabilità di un rapporto onesto e critico con le fonti e la tentazione dello scoop facile.
Monica Andolfatto
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