IL LIBRO
Attenti alle stranezze. Agli errori, e anche agli episodi fortuiti,

Mercoledì 24 Novembre 2021
IL LIBRO
Attenti alle stranezze. Agli errori, e anche agli episodi fortuiti, perché a volte possono portare a scoprire qualcosa di nuovo, talmente importante da cambiare la storia dell'umanità. Come quando nel 1492 Cristoforo Colombo partì da Genova convinto di raggiungere le Indie, e invece scoperse l'America. O come accadde nel 1928, quando Alexander Fleming accidentalmente inventò la penicillina, senza pensare che grazie alle precedenti osservazioni sul comportamento delle muffe avrebbe messo a punto un antibiotico che ha salvato milioni di vite.
La scoperta di qualcosa di inaspettato, emersa mentre si cerca altro, o la capacità di interpretare episodi inattesi durante uno studio scientifico finalizzato a centrare un obiettivo diverso, ha un nome inglese, serendipity, neologismo coniato a metà del Settecento in Inghilterra da uno scrittore erudito, Horace Walpole, autore del libro Il castello di Otranto, il quale prese spunto da Serendip, l'antico nome dell'isola dello Sri Lanka, una sorta di Eden dell'epoca di cui si parla nella fiaba persiana I tre principi di Serendippo (in questo caso il nome è italianizzato), arrivata ai giorni nostri grazie alla traduzione di un esule che risiedeva in laguna, Cristoforo Armeno, risalente alla metà del Cinquecento. L'autore d'Oltremanica, quindi, leggendo come i protagonisti, mandati via dall'isola dal padre affinché andassero a conoscere il mondo, facessero sempre scoperte, fortuitamente o per sagacia, di cose che non stavano cercando, individua la parola che sintetizza il concetto.
E che adesso è stata presa in prestito da Telmo Pievani, filosofo della Scienza al Dipartimento di Biologia dell'Università di Padova, il quale ha intitolato il suo ultimo libro Serendipità. L'inatteso nella scienza (Raffaello Cortina Editore).
LE SPIEGAZIONI
«Quello di serendipità - osserva l'autore - è un concetto strano, che spiega come scoperte casuali si rivelino poi di enorme rilevanza. Perché è capitato spesso che i ricercatori impegnati nei loro studi per raggiungere un preciso obiettivo, incrocino tutt'altro, qualcosa a cui non stavano proprio pensando. In fondo si tratta di una metafora della vita, che è fatta anche di casualità, che però a volte cambiano l'esistenza di una persona. Il concetto, comunque, è duplice, perché implica sì il fatto di imbattersi non intenzionalmente in qualcosa di inaspettato, ma anche di riuscire a raggiungere un obiettivo attraverso un evento fortunato».
«Quante volte - prosegue l'autore - ci è capitato di cercare qualcosa e alla fine di trovare tutt'altro? Una compagna, un compagno, un lavoro, un oggetto. Agli scienziati succede spesso: progettano un esperimento e scoprono l'inatteso, che di solito si rivela assai importante. Questo affascinante fenomeno, che ha alle spalle una bellissima genesi, si chiama proprio serendipità. Nella storia della scienza molte grandi scoperte sono avvenute così. E le più sorprendenti storie di serendipità mettono in luce aspetti profondi della logica della scoperta scientifica. Non è solo fortuna, ma nasce da un intreccio di astuzia e curiosità, di sagacia, immaginazione e accidenti colti al volo. E, soprattutto, svela che non sapevamo di non sapere».
«Con il risultato - annota ancora il docente del Bo - che all'inizio del XXI secolo serendipity è diventato uno dei termini più popolari in inglese. Infatti centinaia di negozi, boutique e ristoranti in tutto il mondo si chiamano così. E una ricerca della parola su google effettuata l'anno scorso dà circa 80 milioni di risultati».
I LEGAMI
Pievani, poi, si sofferma sul fatto che quel neologismo affondava le sue radici nel nordest. «In effetti - aggiunge - quella della serendipità è una storia veneta, perché la parola di fatto nasce a Venezia, dove Cristoforo Armeno visse almeno tre anni, ospite della ricca famiglia Giustinian, e dove nel 1557 lo stampatore Michele Tramezzino gli pubblicò una novella intitolata Il peregrinaggio di tre giovani figliuoli del re di Serendippo. I racconti di sagacia interpretativa sono centrali e i tre principi diventano l'archetipo del detective».
LE DIMOSTRAZIONI
Gli esempi di serendipità citati da Pievani nel volume sono tantissimi. Per esempio c'è il velcro, ideato nel 1948 dall'ingegnere svizzero Gerges de Mestral, che lo brevettò 7 anni dopo: l'idea gli venne dopo una passeggiata in montagna, in cui si accorse che alcuni fiori rossi di bardana si erano attaccati alla giacca. Li analizzò al microscopio e scoprì avevano dei minuscoli uncini che si incastravano nelle anse del tessuto. Il passo successivo fu la realizzazione delle strisce adesive che chiudono scarpe e giubbotti.
Pure la chemioterapia è stata messa a punto per caso, a fine dicembre del 1943, quando gli alleati stavano risalendo l'Italia e i tedeschi li attaccarono a Bari. Tra le navi bombardate ce n'era una che conteneva segretamente gas vietati e l'esplosione contaminò diverse persone che finirono in ospedale, dove venne accertato che nel loro organismo i globuli rossi non si formavano, così come erano immobili le cellule che solitamente si replicano in fretta, tipo quelle dei capelli e delle unghie: ebbene, 6 mesi dopo, e ovviamente a dosaggi diversi, in base allo stesso principio nacque la chemioterapia che ferma le cellule cancerogene. Un altro modello di serendipità è l'individuazione delle stelle pulsar, fatta casualmente da una giovane ricercatrice, Jocelyn Bell, che assieme a dei colleghi stava ascoltando i suoni provenienti dalla via Lattea: inizialmente credette che il bip bip provenisse dagli extraterrestri, ma poi venne appurato che era un tipo di stella a mandare quei segnali regolari a pulsazione. Una curiosità, infine, riguarda la nascita del post it, che si deve a Arthur Fry, un ricercatore americano che lavorava sulle colle e che mise a punto quella che permette di attaccare e staccare i fogli: in un primo tempo, data la scarsa capacità adesiva, la considerò un fallimento, salvo poi cambiare idea dopo avere visto che teneva insieme le pagine con i canti del coro della Chiesa, senza rovinarle quando venivano separate l'una dall'altra.
«La serendipità - conclude Pievani - alla fine dimostra quanto siamo ignoranti e quanto grande sia quello che non sappiamo. Faccio un altro esempio: quando accendiamo una lampada, essa rischiara un certo punto, mentre il resto dello spazio rimane al buio. Ma è sufficiente spostare il fascio di luce per vedere qualcosa che prima non si sapeva che esistesse. Ecco, se sapremo coltivare la serendipità, le occasioni fortuite continueranno a capitare alle menti preparate, e nuove risposte genereranno sempre nuove domande. Quindi, come suggerì Eraclito, se vogliamo continuare l'avventura della conoscenza, aspettiamoci l'inatteso».
Nicoletta Cozza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci