Il generale che salvò gli ebrei

Giovedì 2 Aprile 2020
Il generale che salvò gli ebrei
LA STORIA
«Sono a Grenoble perché a Lione ci sono i tedeschi e non si sa che cosa ci potrebbe capitare, mentre qui ci sono gli italiani che regnano e sono veramente molto simpatici con noi. Tu mi scrivi che vorresti venire qui, ti credo, perché qui c'è la vera Palestina». È il passaggio di una lettera scritta da un ebreo rifugiato nell'Isère, zona di occupazione militare italiana dal novembre 1942 al settembre 1943, dov'era stata schierata la Quinta divisione alpina Pusteria, al comando del generale Maurizio Lazzaro de Castiglioni. La vicenda di questa sorta di zona di rifugio per diverse migliaia di ebrei (si stimano tra i 25-30 mila), di questa Palestina in Francia, molto poco conosciuta, è riemersa di recente grazie al generale Giuseppenicola Tota, comandante delle Forze operative terrestri di supporto (Comfoter) dell'Esercito italiano, con sede a Verona. Una volta arrivato a palazzo Carli, il generale Tota, nel luglio di due anni fa, si è interessato della storia di chi era venuto prima di lui e, scrive, «mi sono imbattuto nella figura di un mio predecessore in comando di questa sede di Verona, il generale di corpo d'armata Maurizio Lazzaro de Castiglioni, primo comandante delle Forze terrestri alleate del sud Europa della Nato, nel 1951».
L'APPELLO
Così si apre la missiva che l'alto ufficiale ha inviato allo Yad Vashem di Gerusalemme perché il suo collega, scomparso nel 1962, sia riconosciuto Giusto tra le nazioni. Castiglioni era nato a Milano nel 1888, aveva combattuto in Libia e nella Prima guerra mondiale, sull'Adamello, e in entrambi i conflitti era stato decorato con la medaglia d'argento al valor militare. Comunque quel che ci interessa è quanto accade in Francia nei dieci mesi di occupazione italiana, quando 20 mila alpini si schierano tra le Alpi, il Rodano e il lago di Ginevra, in seguito ad accordi tra Italia e Germania che prevedono la presenza di truppe italo-tedesche anche nelle zone controllate dal governo collaborazionista di Vichy. Gli italiani sono, ovviamente, molto malvisti dai francesi che ricordano la «pugnalata alle spalle» del 10 luglio 1940, quando il regime di Benito Mussolini aveva aggredito la Francia già annichilita dai soldati di Adolf Hitler.
CONTRO LE PERSECUZIONI
Il comandante di zona si schiera decisamente contro i provvedimenti antisemiti previsti dalle leggi razziali del 1938, volute da Mussolini e promulgate da re Vittorio Emanuele III. Il 14 marzo 1943 Castiglioni scrive al prefetto francese dell'Isère, Raoul Didkowski: «in esecuzione delle prescrizioni già notificate dalle autorità centrali italiane al governo di Vichy, gli arresti degli ebrei, di qualunque nazionalità siano perfino francese nel territorio sotto occupazione italiana sono riservati alle sole autorità militari italiane». Più avanti continua: «La prego pertanto di procedere gentilmente all'annullamento degli arresti e degli internamenti già effettuati», aggiungendo poi a mano che nessuno dovrà essere consegnato ai tedeschi («senza tuttavia che gli ebrei quindi arrestati possano essere deportati fuori dalla zona sottoposta al controllo italiano»). In altre aree della Francia, invece, si stava andando verso un intensificarsi delle persecuzioni anti ebraiche, basti pensare al rastrellamento del Velodromo d'inverno, il 16 e 17 luglio 1942, quando a Parigi vengono arrestati oltre 13 mila ebrei, concentrati al Velodromo e nel campo di Drancy, in attesa di essere sterminati ad Auschwitz.
RIFUGIO AL SUD
Questo spiega perché tanti ebrei francesi e stranieri che si trovavano in Francia, cerchino rifugio nella zona dell'Isère controllata dagli italiani, nelle principali città (Grenoble, Chambéry, Annecy), nelle cittadine termali (Aix-les-Bains) e turistiche dove gli alberghi permettono di alloggiare molte persone. I numeri ufficiali sono bassi (da 2 mila a 6 mila ebrei), ma la realtà è ben diversa in quanto la maggior parte di chi arriva in zona evita di registrarsi, ben sapendo che la cosa si potrebbe ritorcere contro. Bisogna accontentarsi di stime: intorno a 9 mila nuovi arrivati alla fine del 1942, e altri 4 mila giunti a metà del 1943; si ritiene pertanto che il numero totale dei rifugiati si aggiri, come detto, attorno ai 25-30 mila. Il generale Castiglioni impone il proprio grado sia alla nazista Gestapo, comunque presente anche nella zona sotto il suo comando, sia alla fascista Ovra, la polizia segreta, che invece vorrebbe applicare i provvedimenti anti ebraici. Il brano riportato all'inizio si trovava in una lettera intercettata dai servizi segreti tedeschi e con ogni probabilità utilizzata per screditare il generale italiano.
L'ONORE D'ITALIA
Una piccola parte dell'Isère non faceva parte della sua zona di occupazione e infatti là il prefetto francese ordina una retata di 25 ebrei che vi si trovano e finiscono deportati. Nell'estate 1943, lo sappiamo, «l'ora segnata dal destino batte sul cielo dell'Italia», come aveva detto Mussolini nel 1940 al momento della dichiarazione di guerra. In luglio è deposto il duce e l'8 settembre viene firmato l'armistizio con gli anglo-americani. I tedeschi ricevono l'ordine di disarmare gli italiani, ma il generale Castiglioni si oppone e gli alpini della Pusteria scelgono di battersi. Non depongono, ma pendono le armi contro gli ormai ex alleati. Molti soldati italiani vengono uccisi o feriti dai tedeschi che li considerano, e li trattano, come traditori. Una parte riesce a fuggire attraversando la frontiera svizzera, alcuni rimangono sulle montagne per battersi assieme alla resistenza francese; alcuni optano per la collaborazione, altri scelgono il lavoro forzato, ma tanti, tantissimi, italiani finiscono prigionieri dei tedeschi. Il 9 settembre la resistenza italiana è sconfitta e i tedeschi cominciano a rastrellare gli ebrei che avevano trovato rifugio a Grenoble e dintorni. I numeri dicono che fino alla liberazione alleata dell'agosto 1944, i tedeschi fucilano 729 civili, deportano 3.057 persone, 1.877 delle quali non tornano più.
LA FUGA
Il generale Castiglioni riesce a sfuggire ai tedeschi, passa nell'Italia meridionale liberata e lavora nel ministero della Guerra del governo del Sud per riorganizzare le unità dell'Esercito cobelligerante. Nel dopoguerra avrà comandi in Sicilia (Messina e Palermo) e poi a Padova, dove si ferma due anni, dal 1948 al 50, prima di essere trasferito a Verona, nel 1951, per diventare, come detto, il primo comandante Nato della Ftase e di essere messo a riposo per limiti d'età nel 1952. La sua sconosciuta storia è riemersa soltanto in tempi abbastanza recenti.
Alessandro Marzo Magno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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