IL CASO
Primo Ultimo, secondo Mahmood. È la classifica di Spotify. Primo

Martedì 12 Febbraio 2019
IL CASO Primo Ultimo, secondo Mahmood. È la classifica di Spotify. Primo
IL CASO
Primo Ultimo, secondo Mahmood. È la classifica di Spotify. Primo Mahmood secondo Ultimo, invece, è la classifica di iTunes. Le polemiche sul giudizio del popolo certificato dal televoto lasciano il tempo che trovano: il Festival può averlo vinto uno a scapito dell'altro, ma alla fine la volontà popolare finisce davvero per esprimersi pienamente con l'ascolto di quei brani, da parte di chi segue la musica. Tutto il resto è chiacchiericcio e polemica strumentale. Un polverone che racconta un altro problema, piuttosto antico: Sanremo è il festival della canzone italiana, per essere credibile dovrebbe essere votato da chi sente la musica, non trasformarsi in una competizione fra partigianerie o fra fazioni politiche. Invece no, è proprio quello che è successo con l'edizione baglioniana partita con la zuffa sul tema dei migranti e finito a discutere sulla legittimità della vittoria di un ragazzo milanese che ha una parte di sangue egiziano e un nome arabo.
SQUILLO DI TROMBA
A destra s'ode lo squillo di tromba di chi difende la legittimità del voto del popolo contro le giurie specializzate (o presunte tali) a sinistra risponde chi difende Mahmood. In mezzo la gara e i cantanti, ma soprattutto quel palcoscenico che ha la forza di fare da megafono a chiunque prenda la parola. E l'elenco è lungo, anche di aperte strumentalizzazioni. Scatenate le associazioni dei consumatori. L'Aiace pretenderebbe il rimborso dei 51 centesimi del televoto, mentre il Codacons la spara più alta sostenendo che, per il modo in cui è stata composta la giuria d'onore, la Rai andrebbe sanzionata per 5 milioni.
Sul fronte politico il presidente della regione Lazio e candidato alla segreteria del pd Zingaretti punta su un ecumenico «sia Mahmood che Ultimo sono simboli di riscatto». Salvini ha telefonato a Mahmood e lo ha fatto sapere: «Gli ho voluto dire che sono felice per lui. È un ragazzo italiano suo malgrado eletto a simbolo dell'integrazione. Ma lui non si deve integrare, è nato a Milano». Se l'è presa anche con la giuria d'onore (oggettivamente sbagliata nella composizione) il leader della Lega, Matteo Salvini: «Mancava solo mio cugino e sarebbe stata completa. Sanremo deciso da un salotto radical-chic». Mentre il voto «dei giornalisti di musica è giusto, sono lì per quello, valutare le canzoni».
I cantanti per lo più tacciono. Nino D'Angelo, ultimo con Livio Cori, è l'unico a manifestare la sua preferenza per il televoto. Preferenza che è anche del presidente della Rai, Marcello Foa, convinto che proprio il televoto debba essere unico depositario dei destini festivalieri. Bisognerà poi che qualcuno escogiti un metodo perché quel sistema non si trasformi in inganno, visto che con le tecnologie a disposizione è facile scaricare migliaia di voti, dipende solo da quanto uno vuole investire. Comunque, l'ad di viale Mazzini, Salini, ha promesso che «l'anno prossimo faremo meglio», sottolineando il successo Rai (che ha beneficiato anche Domenica in, volata al 27,1 per cento). 
LE CLASSIFICHE
Per tornare alle classifiche disponibili la situazione è questa: su Spotify Mahmood ha avuto 2 milioni e 759 mila streaming, Ultimo 3 milioni e 838. Terzo, a sorpresa, Achille Lauro. Su iTunes, posizioni di testa invertite e Loredana Bertè terza. Mahmood (meno conosciuto di Ultimo) ha avuto un boom proprio dopo la consacrazione all'Ariston. Ultimo, comunque, ha di che consolarsi, in attesa del tour e dell'appuntamento del 4 luglio all'Olimpico. Intanto ieri è andato in radio da Fiorello, che gli aveva ricordato: «Anche io arrivai quinto a Sanremo non mi presentati a Domenica In perché ero arrabbiato. Ma fu un errore. Fui consigliato male». E gli ha consigliato: «Prendi Il Volo: sono stati insultati da alcuni giornalisti della sala stampa e sono stati sempre garbati. Vieni da zio Fiore per sdrammatizzare e ridere». Ultimo in un primo momento aveva detto no, poi ci ha ripensato. Quanto a Il Volo, pur garbatamente, ieri hanno definito gli insulti ricevuti da una parte della sala stampa «atto di bullismo».
Marco Molendini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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