Il Cadore ricorda monsignor De Donà, eroe del Risorgimento

Giovedì 22 Agosto 2019
L'ANNIVERSARIO
Studioso del passato e fervente patriota. Così, a distanza di due secoli dalla nascita, è ricordato monsignor Giovanni De Donà, uno dei maggiori storici del Cadore, nonché esponente del clero liberale ottocentesco. Puntava alla libertà dell'Italia dall'autocrazia statale austriaca e dall'altro lottaca contro il potere temporale della Chiesa. L'altro giorno a Pieve, nel salone della Magnifica Comunità, per iniziativa della Fondazione Centro Studi Tiziano, il Cadore gli ha reso omaggio. Nato a Lorenzago di Cadore nel 1819, compiuti gli studi a Padova e a Udine, venne ordinato sacerdote nel 1844 mettendosi in luce per celebri doti oratorie.
IL PATRIOTA
Ventinovenne, De Donà si ritrovò nel bel mezzo della rivolta cadorina del 1848, guidata da Pier Fortunato Calvi. Assieme al fraterno amico don Gabriele Gregori che durante la difesa di Venezia fu cappellano del forte di Porto Marghera percorse tutti i paesi del Cadore, raccogliendo aiuti e incitando alla resistenza contro gli austriaci. Chiusa la parentesi battagliera diventò professore nel Seminario Gregoriano di Belluno, divenendone Rettore nel 1854. Ne venne rimosso nel 1864 per un incandescente clima politico che condizionò quegli anni. Nel luglio 1867, in occasione del trasporto delle ossa del patriota longaronese Jacopo Tasso, fucilato a Treviso nell'aprile 1849, pronunciò nel Duomo di Belluno un'orazione, poi data alle stampe, rimasta memorabile per la condanna nei confronti dell'Austria.
ABILE PREDICATORE
Dal momento della sua destituzione De Donà si diede con impegno alla predicazione dentro e fuori diocesi, dove era egualmente conosciuto. Tutto che sottolineò Francesco Pellegrini, il suo più illustre biografo la sua grave eloquenza, la logica serrata, pur senza artificio, lo stile classico, e la purezza della lingua, lo rendessero, piuttostochè popolare, adatto ai maggior centri, e alle classi civili. La fusione del letterato con lo storico gli offrì la possibilità di illustrare taluni aspetti della storiografia bellunese alla cui conoscenza contribuì con la traduzione dal latino della Cronaca Bellunese (1383-1412) del canonico Clemente Miari, pubblicata nel 1873. Ma il nome di monsignor Giovanni De Donà resta soprattutto legato alla storia del suo Cadore. Esperto paleografo, ricercatore e raccoglitore infaticabile di documenti, ne studiò un gran numero, trascrivendoli per intero o riassumendoli, commentandoli e traendone materia per importanti pubblicazioni.
I MANOSCRITTI
L'esito di questo impegno è rappresentato da centinaia di pagine manoscritte, raccolte in vari volumi, donati a suo tempo dalla famiglia De Donà alla Biblioteca Cadorina di Vigo. Parte dei manoscritti riguardano prettamente la storia di Belluno, con ricostruzioni genealogiche delle più antiche e nobili famiglie della città e costituiscono una preziosa fonte di conoscenza per gli studiosi. Monsignor Giovanni De Donà si spense a Belluno il 7 novembre 1890. Reintegrato nell'incarico di Rettore del Seminario, aveva visto coronato il sogno di un'Italia libera e unita. Quando morì gli fu fatto un funerale che a taluno parve troppo frettoloso. L'assenza del vescovo venne notata, così come non sfuggì la scarsa rappresentanza delle autorità civili. Molto semplicemente l'uomo pagava il prezzo di una mai smentita fierezza intellettuale: per lo Stato italiano. Per la Chiesa era rimasto fino all'ultimo un liberale.
Bruno De Donà
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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