Il 19 Agosto di sessanta anni fa l'Unione Sovietica mandava in orbita per la quinta

Sabato 15 Agosto 2020
Il 19 Agosto di sessanta anni fa l'Unione Sovietica mandava in orbita per la quinta volta un satellite artificiale. Il suo nome, Sputnik 5, significava amico, o compagno di viaggio, ed era un nome fortunato, perché tre anni prima aveva inaugurato, con successo, l'era spaziale. Ci auguriamo che il vaccino anti-Covid che pochi giorni fa Vladimir Putin ha annunciato al mondo, e che reca lo stesso nome, riesca altrettanto bene. Il satellite aveva a bordo due cani, un coniglio, 40 topi e due ratti, e dopo un giorno rientrò a terra con tutti i viaggiatori in buona salute. Non era la prima volta che i russi spedivano animali nello spazio, e tutti ricordano la cucciola Laika che inaugurò questi esperimenti. Ma le dimensioni della capsula e la rudimentalità della strumentazione non prevedevano il loro ritorno: tutti furono sacrificati, in anticipo, in nome della scienza.
Ora invece la ricerca spaziale faceva un balzo enorme, quasi pari a quello dell'allunaggio di Neal Armstrong 9 anni dopo, perché dimostrava la possibilità di sopravvivenza fuori dell'atmosfera e in assenza di gravità senza conseguenze sull'organismo vivente. Incoraggiata da questo successo, il 12 Aprile 1961 la Russia lanciò la Vostok 1, pesante quasi 5 tonnellate, con a bordo il primo cosmonauta della Storia, il colonnello Yuri Gagarin.
LA RISPOSTA
Gli americani assistettero a questi progressi attoniti e costernati, perché i loro razzi erano un continuo fallimento. Quando John Kennedy, il 12 Settembre del 62 annunciò che entro il decennio gli Stati Unti avrebbero mandato un equipaggio sulla Luna, e lo avrebbero fatto tornare sano e salvo, molti pensarono, a una fanfaronnade. In realtà Kennedy sapeva quello che diceva. Il suo Paese aveva le risorse materiali e tecnologiche per quell'impresa, e il giovane presidente era soggetto a due forti pressioni: l'opinione pubblica, che mal sopportava i trionfi del Paese rivale, e i vertici del Pentagono che ne temevano la supremazia militare. Perché dietro queste conquiste apparentemente pacifiche si stava giocando la partita più rischiosa della storia umana. Il consolidato successo di questi lanci non costituì infatti soltanto il trionfo (provvisorio) della tecnologia sovietica. Esso modificò radicalmente la strategia degli Stati Uniti nei confronti dell'Orso Russo.
Fino a quel momento, essa consisteva nella teoria della rappresaglia massiccia e immediata, elaborata da Foster Dulles durante l'Amministrazione Eisenhower. In pratica, se l'Urss avesse attaccato un membro della Nato, l'America avrebbe risposto con una guerra nucleare totale, mandando i suoi bombardieri a lungo raggio che potevano raggiungere ogni obiettivo fin nell'immenso territorio siberiano. L'America poteva permetterselo con rischi assai limitati, perché Mosca non disponeva di aerei equivalenti, e il territorio metropolitano da Washington a Los Angeles era praticamente invulnerabile. Ma con il nuovo vettore che aveva portato in orbita quella piccola arca di Noè, l'Urss aveva dimostrato di poter lanciare le sue bombe atomiche sulle città americane, e questo poneva problemi mai presentatisi nella storia dei nostri alleati d'oltreoceano.
Così, la strategia di Dulles fu sostituita da quella del generale Maxwell Taylor della risposta flessibile, cioè una reazione adeguata alla portata dell'aggressione: Parigi non valeva più New York, e questo allarmò Charles de Gaulle, che decise di difendersi in modo autonomo. Nacque la force de frappe tutta francese, Israele, la seguì a ruota e la corsa agli armamenti assunse un ritmo forsennato. Quando anche gli americani disposero di potenti vettori balistici la strategia cambiò ancora, e assunse quella caratteristica dei due scorpioni nella bottiglia, ciascuno dei quali non può pungere l'altro perché morirebbe anche lui. Un equilibrio del terrore che tuttavia la saggezza, o l'istinto di sopravvivenza dei contendenti, converti in un sostanziale duraturo armistizio, mitigato dalle guerre per procura. Ma per fortuna questa corsa allo spazio non ebbe soltanto risvolti bellici. Nel prosieguo degli anni le grandi potenze si convinsero che, oltre al prestigio politico e militare, lo sviluppo tecnologico connesso alla missilistica avrebbe avuto ricadute formidabili sotto il profilo scientifico, economico e industriale, determinando cambiamenti significativi nel nostro stesso modo di vivere. Diversamente da quanto accadeva in Urss, tutte le componenti di questi incredibili mostri costruiti negli USA erano infatti prodotte dall'impresa privata, che le convertì, adattandole, a sussidio e vantaggio dell'ordinario consumatore. Da esse son derivate praticamente tutte le conquiste che oggi ci appaiono banali, ma che fino a ieri sembravano fantascientifiche. Dalle prime trasmissioni televisive in diretta intercontinentale fino agli attuali Gps, alla miniaturizzazione dei computer, alla medicina telematica e alle misurazioni dell'inquinamento e dei cambiamenti climatici, non v'è praticamente applicazione che non sia conseguenza degli esperimenti e dei viaggi spaziali.
LA CONOSCENZA
E infine la conoscenza. Con la fine - o la sospensione della guerra fredda, la collaborazione internazionale sta oggi conseguendo risultati inimmaginabili nello studio dell'Universo, anche se l'arroganza di qualche scienziato pretende di coglierne i misteri ultimi solo perché ha messo il naso fuori di casa. In realtà, ogni volta che apre un varco alle sue inesauribili curiosità e realizza alcune provvisorie conquiste, l'uomo scopre che ogni nuova particella di apprendimento crea una montagna di dubbi. Molti astrofisici, ad esempio, ritengono che il nostro universo non sia nemmeno unico, e che altri suoi fratelli assai simili viaggino in senso contrario nello spazio e nel tempo. Forse il sapere - contrariamente a quanto ammonisce l' Ecclesiaste - non accresce il dolore, ma certamente aumenta, o dovrebbe aumentare, la consapevolezza dei nostri limiti.
Uno dei primi a comprendere la grandiosità e il significato di questa inarrestabile avventura nel Cosmo, iniziata con i cagnolini tornati incolumi dal primo viaggio orbitale, fu un anziano e bonario Pontefice nato quando l'uomo si sollevava da terra solo con la mongolfiera. Nel suo discorso a Castelgandolfo, il 12 Agosto 1962 Giovanni XXIII pronunciò parole di commovente incoraggiamento a questa esplorazione dell'ignoto. «Oh come vorremmo - concluse - che queste intraprese assumessero il significato di omaggio reso a Dio, creatore e legislatore supremo». Forse non tutti colsero l'universale invito alla conversione della scienza in strumento di edificazione piuttosto che di distruzione, ma il messaggio non fu del tutto inascoltato. Anche se l'evoluzione della missilistica non è stata propriamente una devota celebrazione al Padreterno, è certo che essa ha accresciuto, secondo l'auspicio di Ulisse, la nostra conoscenza, se non proprio la nostra virtù.
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