I fiori rosa della Serenissima

Domenica 1 Agosto 2021
I fiori rosa della Serenissima
IL RACCONTO
Sono trecento le piante del litorale catalogate a inizio Settecento da Gian Girolamo Zannichelli e da suo figlio Gian Jacopo e comprese nel libro Istoria delle piante che nascono ne' lidi intorno a Venezia, pubblicato nel 1735 e ora ristampato in edizione anastatica dall'editore Alessandro De Bastiani, con una prefazione di Giampaolo Rallo, naturalista e presidente della Pro Loco di Mestre. Un libro importantissimo per la botanica, che cataloga le piante litoranee dalla foce del Piave a Chioggia. Attenzione: solo quelle del litorale, non ci sono, per esempio, le specie caratteristiche della laguna. Ne emerge, spiega Rallo, che tutte quelle varietà sono ancora presenti ai nostri giorni, con l'aggiunta di qualche decina di specie aliene arrivate grazie a trasporti casuali, come l'acqua di sentina delle navi.
ERBA VENETA
Una delle piante più importanti catalogate dagli Zannichelli (non si sa se dal padre o dal figlio, perché l'opera è uscita dopo la morte del primo e il secondo l'ha completata) è senz'altro l'Apocynum Venetum, una specie erbacea che produce dei fiorellini rosa tenero, che cresce sul retro delle dune. «È una pianta endemica dell'Alto Adriatico», osserva Rallo, «che origina dalle steppe orientali, giunta qui con le varie glaciazioni e il litorale veneziano costituisce il punto della sua massima espansione occidentale». Zannichelli era un farmacista e naturalista emiliano, di Spilamberto, laureato a Padova. Spesso dice dove le piante che cataloga crescessero, e in parecchie occasioni fornisce anche indicazioni sull'uso farmacologico delle piante citate. Per esempio censisce una quarantina di gramigne diverse e di un tipo spiega che «nasce solamente in riva al mare presso San Niccolò di Lido e altrove».
PER LA CURA
Dell'edera invece scrive: «Si attribuisce ancora a questa pianta virtù apritiva e si crede ch'ell'abbia facultà di promuovere l'orina e di giovare ne' dolori di calcolo». Il libro di Zannichelli è importante perché è il primo organico trattato di botanica che riguardi l'area del cosiddetto Triveneto ed è pure l'opera che precede e precorre il sistema di nomenclatura binominale che sarebbe stato di lì a poco messo a punto dal botanico svedese Carlo Linneo e che utilizziamo tutt'oggi. Gian Girolamo Zannichelli era un naturalista dai molteplici interessi, come spesso accadeva nel Settecento, collezionava fossili e minerali e si conservano sue lettere con naturalisti stranieri con i quali si scambiava reperti. È soprattutto la sua figura di farmacista, in ogni caso, che colpisce oggi i non addetti ai lavori: pubblica numerosi lavori di farmacopea, ma soprattutto nel 1687 affitta la Spezieria all'Ercole d'oro a Santa Fosca, tuttora esistente e dotata, nella parte storica, degli arredi originali. L'attuale titolare, Enrico Di Sopra, spiega che gli arredi risalgono agli ultimi decenni del Seicento e sono opera dei nipoti di Francesco Pianta, ovvero l'autore degli intarsi lignei della Scuola grande di San Rocco. I nipoti avevano un laboratorio a Cannaregio ed è stata riconosciuta la loro mano negli intarsi che ornano la farmacia di Santa Fosca. Visto che i tempi coincidono, questo potrebbe significare che quegli intarsi siano stati loro commissionati proprio da Zannichelli non appena entrato nella nuova farmacia. Sappiamo che, quando la rileva, spende la considerevole cifra di 225 ducati (ovvero quasi otto etti d'oro) per rifornirla e riqualificarla.
LA FARMACIA
La farmacia diventa famosissima, anche tra gli stranieri, tanto che alcuni viaggiatori che compivano il Grand Tour la andavano a visitare quando facevano tappa a Venezia. Inoltre alla domenica diventava un'attrazione perché Zannichelli vi esponeva i fossili della sua collezione. «Nel 1701», scrive Rallo nella prefazione, «escono i suoi primi scritti rivolti alla preparazione di rimedi per vari malanni, compendio di un centinaio di rimedi che lo renderà famoso nella Serenissima ottenendo il 10 giugno dai Provveditori alla sanità il privilegio di produrre e distribuire nella sua farmacia-spezieria particolari pillole denominate Pillole di Santa Fosca o del Pievano», un lassativo destinato a ottenere un enorme successo, tanto da continuare a essere prodotto fino agli anni settanta del Novecento. Zannichelli e i suoi eredi terranno la farmacia per tutto il Settecento, cedendola infine a un'altra dinastia di farmacisti, i Ponci, che allargheranno ancora il successo di questo farmaco. I Ponci danno il nome all'omonimo parco di Mestre dove avevano la loro villa, abbattuto in brevissimo tempo e lottizzato negli anni cinquanta del Novecento, uno di tanti scempi urbanistici che hanno sfigurato Mestre. Comunque, nel periodo di massima attività, i Ponci non riuscivano più a star dietro alla produzione nel laboratorio di Cannaregio e quindi l'hanno decentrata a Mestre, in via San Girolamo.
LE PASTIGLIE
«Erano pastiglie lassative», spiega Di Sopra, «a base di Cassia fistula, un'erba piuttosto nota, e altre componenti che davano loro una particolare efficacia. Chi le assumeva mi ha raccontato che avevano effetto dopo un preciso intervallo di tempo: prese alle dieci di sera si andava in bagno alle sette del mattino, se si prendevano alle undici l'effetto era per le otto. All'interno del pacchetto c'era della carta oleata perché rimanevano un po' umide e ritengo bisognasse consumarle in tempi brevi. Negli anni trenta del Novecento i Ponci hanno investito moltissimo in pubblicità e le Pillole di Santa Fosca sono comparse nei giornali nazionali, oppure esistevano cartoline dov'erano riprodotti Rialto, San Marco e la farmacia di Santa Fosca. Tutta questa pubblicità le aveva rese celebri e venivano spedite un po' ovunque. Quando la mia famiglia ha rilevato la farmacia, negli anni settanta, la produzione è cessata un po' per il cambio di gestione, un po' perché sono entrate in vigore nuove regole per i farmaci galenici che rendevano il tutto molto più difficoltoso».
In seguito ci sono anche stati tentativi di imitazione che però non hanno condotto a nulla. Oltre alla farmacia all'Ercole d'oro, i Ponci avevano pure la farmacia all'Aquila nera, a San Salvador, in uno stabile non più esistente perché è stato demolito per lasciare spazio a calle larga Mazzini. Lì producevano i piroconofobi, cioè conetti antizanzara che bruciando uccidevano i fastidiosi insetti (sempre stati un flagello, evidentemente, viste le energie utilizzate a combatterli). Si trattava degli antenati dei coni antizanzara sviluppati e prodotti in seguito da un altro farmacista laureato a Padova e con farmacie a Venezia e a Spinea, Giovanni Battista Zampironi, che della lotta alle zanzare avrebbe fatto una ragione di vita, tanto da dare il suo nome alle spiralette antizanzare e da volere sulla sua lapide il profilo stilizzato di una zanzara.
Alessandro Marzo Magno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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