I cicheti sono oggi molto alla moda, quasi come lo spritz. Centinaia di locali a

Domenica 14 Febbraio 2021
I cicheti sono oggi molto alla moda, quasi come lo spritz. Centinaia di locali a Venezia, offrono cicheti di ogni genere. Esiste addirittura una catena internazionale di ristoranti con questo nome (Cicchetti, con due c e due t) con sedi a Londra, Manchester, Bangkok, Qatar. A ben vedere, però, i classici cicheti veneziani sono ormai quasi introvabili. Quelli che vengono offerti oggi nella stragrande maggioranza dei locali, sono, in realtà, crostini farciti nei modi più diversi, secondo un'abitudine, se vogliamo, più toscana che veneziana. I meno giovani lo ricordano bene, i cicheti erano un tempo qualcosa di sostanzialmente diverso.
Sempre piccoli stuzzichini appetitosi da associare ad una buona ombra, ma sul bancone del bacaro si trovavano i folpetti, le sarde in saor, le patate conse (lesse e condite) col prezzemolo, i nerveti, la spienza (milza), il rumegal (esofago), i mezi vovi, lo stecco di garusoli (murici o bulli) e ancora i bovoleti (chioccioline), i fagioli bianchi di Spagna con le cipolle, la mortadella con il peperoncino verde, i carciofini in tecia, ecc.
La parola cicheto sembra derivi dal latino ciccus, piccola quantità, forse attraverso il francese chiquet, piccola cosa. In Italiano il cicchetto è, invece, un bicchierino di liquore o di vino, un grappino. Già che ci siamo, occupiamoci anche dell'origine di bacaro: anche qui, etimologia incerta.
Si potrebbe risalire a Bacco, il dio del vino, al veneziano far bacara (darsi al buon tempo) o al vino pugliese da taglio che comincia ad arrivare in Laguna a metà Ottocento, detto appunto bacaro. Così le malvasie erano i luoghi dove si vendevano i vini bianchi più pregiati, i bacari gli spacci di vino rosso più corrente.
Un cicheto classico, come i diceva era il mezo vovo, mezzo uovo sodo (rigorosamente squaquaciò o bazoto, cioè tenero, poco cotto) perlopiù guarnito con un pezzetto di giardiniera o un'acciughetta sott'olio. Per cui l'oste doveva pazientemente pelare decine e decine di uova al giorno. Ma come faceva? Lo sappiamo bene tutti, pelare per bene un uovo sodo a volte risulta un po' complicato.
Un metodo sicuro consiste nel gettarli ancora bollenti nell'acqua fredda e ghiaccio e lasciarveli un quarto d'ora prima procedere a pelarli, dopo aver frantumato la scorza che, a quel punto, verrà via facilmente.
Un'altra specialità immancabile erano, appunto, i nerveti, cioè tendini di bue bolliti, conditi e guarniti, in genere, con cipolla. Gustosi e facili da preparare. Eccola la ricetta proposta da Bruno e Luca dell'Osteria alle Testiere, in calle del Mondo Novo, fra San Lio e Santa Maria Formosa, uno dei membri dell'Associazione Ristoranti della Buona Accoglienza di Venezia.
INSALATA DI NERVETTI
I nervetti si possono comprare già precotti, tagliati e messi sotto vuoto, pronti da condire. È, però, assolutamente consigliabile evitare le scorciatoie e rivolgersi ad una macelleria di qualità che li prepara in casa o, meglio ancora, acquistare dal becher di fiducia 2 stinchi (piedini) di bovino e, dopo averli lavati accuratamente in acqua corrente, bollirli con sedano, carota e cipolla per almeno 2 ore. Lasciarli quindi raffreddare per poi spolpare le ossa, separando i nervetti e tagliandoli a listarelle. Aggiungere una cipolla tagliata sottilmente e condire con sale, pepe, olio EVO, un goccio di buon aceto e del prezzemolo tritato. Volendo dare un tocco d'Oriente, aggiungere lime, zenzero e coriandolo fresco.
Alle Testiere, durante il brevissimo periodo delle castraure viene proposta anche una versione di nervetti di laguna conditi con olio Evo, limone, sale, pepe, con l'aggiunta del prezioso carciofo violetto di Sant'Erasmo, Presidio Slow Food, finemente affettato e una riduzione di Nostrano, l'Amaro di Venezia.
A cura dell'Associazione Ristoranti della Buona Accoglienza Venezia
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