I calciatori bandiera, quelli la cui carriera si identificava, nel bene e nel male,

Martedì 25 Giugno 2019
I calciatori bandiera, quelli la cui carriera si identificava, nel bene e nel male, con una squadra nella quale avevano sempre militato, sono oramai un ricordo. Erano particolarmente amati dai tifosi e davano l'idea della continuità nel tempo della società calcistica, alimentando la passione di tutti i sostenitori.
Ora il calcio è diventato un business globale che attrae la finanza e la politica. La prima per le potenzialità che questa disciplina sportiva ha di creare valore economico, in parole povere fare soldi lungo la sua filiera. Dai calciatori ai procuratori e alle società per non parlare dei media, Tv in primis. La seconda, la politica, per essere un volano di consenso. Basta pensare a Berlusconi con il Milan.
La globalizzazione in atto e l'innovazione tecnologica stanno dilatando il perimetro dei possibili consumatori del prodotto calcio rispetto alla dimensione, da quella geografica a quella temporale. Come sostiene l'economista Masciandaro in ogni momento il consumatore è completamente glocale: può soddisfare la sua passione seguendo, in piedi ai bordi del campo, la squadra del quartiere, oppure nel suo salotto Italia-Germania, quella del 2016, ma anche, se vuole, quelle del 1970 e del 2006. Osservazioni che nascono dal complicato addio alla Roma di Francesco Totti. Il giocatore si è sentito tradito dalla società e ha convocato una conferenza stampa addirittura al Foro Italico nel primo pomeriggio, non considerando o essendo volutamente consapevole, che la Roma è quotata in borsa e naturalmente il titolo ne ha sofferto. Evidente quindi il legame con la finanza, che si materializza anche con i fondi di investimento (Elliott possiede il Milan) per non parlare poi dei molti debiti che attraversano il settore del calcio, debiti che sono spesso l'anticamera di fallimenti di società, specie nelle serie inferiori, dove le proprietà sono espressione di imprenditoria locale.
Totti voleva esser coinvolto nelle scelte della società pur in una posizione organizzativa che, al di là dei titoli, era di fatto uno dei pochi calciatori bandiera sulla scena. Non è pensabile che un giocatore per quanto bravo, abbandonato il campo, sia in grado immediatamente di gestire questioni complicate dove alla base vi sono pur sempre i quattrini. Ci si inserisce meglio nello staff tecnico. D'altro canto, essere coinvolto nelle grandi scelte della società era una possibile strada di apprendimento, purtroppo la proprietà americana della Roma la pensava diversamente.
La società calcistica è una vera impresa. Quelle che sono al vertice, che concorrono alla Champions League, presentano un'alta complessità gestionale. Sono controllate dall'UEFA in materia di fair-play finanziario, in altre parole si controlla che queste società non facciano spese pazze negli acquisti di giocatori compromettendo l'equilibrio dei propri conti e la regolarità dei campionati. Una specie di UE per il calcio! A livello nazionale, opera la Commissione di Vigilanza sulle società professionistiche, un organo interno alla FIGC che ha, più o meno, lo stesso compito: monitorare la situazione economico-finanziaria delle società calcistiche. Controlli necessari e non sempre efficaci in un mondo nel quale girano tanti soldi e operano anche personaggi non sempre irreprensibili. Le cronache danno spesso conto di vicende di corruzione, non ultima, quella ora rientrata, che vedeva coinvolto un grande giocatore, Michel Platini!
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