Trappole in mostra contro i bracconieri

Giovedì 14 Giugno 2018
MOSTRA
Ad un primo sguardo, sembrerebbe retaggio di altri tempi. Relitto di passati lontani. Ma l'apparenza, si sa, inganna. Sempre. Anche in fatto di bracconaggio. Perché trappole, reti e archetti tesi a catturare uccelli e altri animali selvatici sono qualcosa di quanto mai attuale. Anche in Veneto. Ed è proprio in Veneto che viene allestita una delle più grandi esposizioni sul bracconaggio, contro il bracconaggio. Si alza oggi il sipario su Trappole e strumenti di cattura, mostra permanente allestita dal reparto biodiversità dei Carabinieri Forestali di Belluno. Al Giardino Botanico delle Alpi Orientali, sul Nevegal, verranno esposte le trappole sequestrate in più di vent'anni di attività operativa e investigativa del Corpo Forestale dello Stato (oggi confluito nell'Arma dei Carabinieri). E verrà dedicato un percorso didattico-scientifico alla scoperta della caccia di frodo. «Il nostro obiettivo è far conoscere gli strumenti di cattura che vengono utilizzati nell'arco alpino - spiega il colonnello Isidoro Furlan, tra gli ideatori e curatori della mostra -. Ma anche educare alla legalità e alla tutela dell'ambiente. Tutto ciò che finisce nelle reti dei bracconieri costituisce un notevolissimo danno alla fauna e quindi all'ambiente delle nostre zone».
FERITA APERTA
Anzi apertissima. Chi pensa che i cacciatori di frodo siano figure quasi leggendarie, fuori dal tempo, si sbaglia. «La mostra che abbiamo allestito esiste perché esiste, purtroppo, il bracconaggio - continua Furlan -. È un'attività che non è mai scomparsa. Anzi. Adesso è molto fiorente, soprattutto in certi periodi dell'anno: in autunno e primavera, sulle rotte delle grandi migrazioni degli uccelli, in particolar modo nelle province di Brescia, Vicenza, Rovigo, Treviso e Pordenone, laddove si concentrano i grandi viaggi dei volatili nel percorso dal Nord al Sud Europa». La caccia di frodo, illegale, punta soprattutto ai volatili. A quelli che la legge proibisce di catturare. O proibirebbe. Ma dove non arrivano le doppiette, arrivano reti e archetti. E il motivo è tanto semplice quanto impensabile: la polenta. «Gli uccelli sono tra gli animali maggiormente vittime del bracconaggio - conferma Furlan -. Con le reti si cattura tutto, senza selezione. E lo si fa soprattutto per la classica polenta e osei, che in molte parti dell'arco alpino, ma non solo, è ancora una tradizione culinaria in voga, tanto da rendere fiorente il mercato di frodo. Invece, la cattura per l'imbalsamazione è ormai decaduta».
I REPERTI ESPOSTI
La mostra bellunese va nella direzione opposta: anziché catturare libera. Nel vero senso della parola. Stamattina, durante il taglio del nastro fissato alle 11 in punto, verranno liberati numerosi esemplari vivi di uccelli di avifauna minore e rapaci protetti. Tutti animali sequestrati a cacciatori di frodo. «Le trappole restano all'interno dell'esposizione; fuori andrà in scena la restituzione della libertà di volare agli uccelli sequestrati - anticipa Furlan -. Nell'ambito della mostra saranno esposte alcune specie di animali, principalmente di avifauna, rare e come tali protette dalla normativa nazionale e internazionale. Molti degli esemplari esposti provengono da sequestri operati da Carabinieri Forestali, in diverse regioni italiane, e oggi, grazie a questa iniziativa, possono essere riqualificati e utilizzati ai fini didattico-scientifici». La quantità di pezzi in mostra è davvero impressionante: centinaia di reti, tagliole, trappole di ogni genere. Ma anche animali imbalsamati e schede sul funzionamento dell'attività di caccia di frodo. «Si tratta del frutto di oltre vent'anni di attività di contrasto al bracconaggio - continua Furlan -. Ci è voluto un camion rimorchio per portare il tutto in Nevegal».
Damiano Tormen
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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