«Teresa, una donna in gioco»

Domenica 9 Dicembre 2018
L'INTERVISTA
Acuta. Sensibile. Precisa. Si potrebbe dire che Ilaria Tuti, l'autrice friulana del thriller di successo Fiori sopra l'inferno (Longanesi, pag. 380, 16.90 euro), assomigli alla sua protagonista, il commissario Teresa Battaglia, personaggio poliedrico, ma indubbiamente carismatico. La rileggeremo la prossima primavera, sempre alle prese con il suo commissario che, come ammette la scrittrice: «È un omaggio alle donne, non le vamp che di solito incrociamo nei gialli, ma le donne normali, quelle che vediamo per strada». Tuti è già stata tradotta in Francia e il prossimo anno il romanzo uscirà in 21 paesi. Narratrice raffinata, lettrice onnivora, il suo è un romanzo che al noir aggiunge la ricerca: «Mi piace sempre inserire qualcosa di vero, quando leggo un romanzo mi piace ci sia quella particolarità sconosciuta». E infatti non tutti conoscono gli effetti devastanti della sindrome da deprivazione affettiva sui neonati, cui si accenna nel romanzo, condotti da uno psicoanalista austriaco nel 1945. Ma c'è molto altro.
La grande protagonista del suo giallo è la Natura, a tratti feroce, altre volte lirica. Lei legge poesia?
«Per questo romanzo in particolare ho letto le poesie di Alda Merini, poetessa che amo molto perché la sua sensibilità è vicina a quella che volevo ideare nell'animo della protagonista, Teresa. Sono entrambe donne che hanno sofferto. Da alcune riflessioni di Merini ho tratto il modello per costruire il personaggio. Merini aveva detto che nella sua vita c'era stato molto dolore, però non si era mai chiesta da dove arrivasse e perché. L'ha semplicemente accettato e da quel momento ha sentito un fuoco nella sua anima che si è trasformato in amore per gli altri, con tenerezza e passionalità. Ecco, ho cercato di evocare la stessa cosa nel mio romanzo».
Infatti Teresa è descritta come una donna forte, ma anche fragile. Crede che il successo del suo commissario sia anche la sua autenticità?
«La forza in lei non significa essere indistruttibile. Come capita a molti, significa semplicemente che dopo ogni battuta d'arresto è capace di rimettersi in gioco. Dopo ogni delusione o possibile sofferenza, pur restando fedele alla sua integrità di donna e di commissario, riesce comunque a essere duttile, a reinventarsi, a non avere paura di nuove sfide. Sto ricevendo molti messaggi da donne mature che si sono riconosciute in Teresa ed era il mio scopo perché Teresa è una dichiarazione d'amore alle donne normali, non alle eroine sempre un po' seduttive che siamo abituati a leggere nei thriller. Teresa ha 60 anni, era rischioso inserire un tale personaggio, mentre infine si sono riflesse molte donne, magari avanti con l'età, sole, persone che vengono piuttosto trascurare dalla società, pare quasi che a 60 anni esauriamo il nostro ruolo».
Anche prima
«Infatti. Io mi sono commossa dei tanti messaggi ricevuti a questo proposito. Mi hanno scritto donne che stanno affrontando una malattia, che si sono riviste nella protagonista e che hanno trovato un po' di forza. Quindi nel suo piccolo Teresa è riuscita a portare un po' di conforto».
Il suo esordio ha avuto risonanza in Italia e all'estero. La scrittura è lineare, le psicologie approfondite, la suspense sempre tesa. Quali sono i suoi maestri?
«Ho letture eterogenee, credo che la contaminazione sia fondamentale, leggo classici, romanzi di genere e molta saggistica. Amo molto Primo Levi per la sua opera senza giudizio, ma amo molto anche l'horror sfumato di Stephen King. E poi Calvino, Lansdale».
L'anaffettività è il principale movente del suo giallo. Non trova che anche l'epoca sia piuttosto anaffettiva? La virtualità in fondo limita i contatti fisici
«Andiamo verso una mutazione dei rapporti sociali. C'è una maggior immediatezza, ma non c'è profondità. Non siamo più abituati ad avvicinare l'altro nel modo giusto. Credo che questo costituisca un problema per le nuove generazioni».
Ci saranno altre storie del commissario Teresa Battaglia?
«Ho appena terminato la nuova avventura del commissario Teresa Battaglia, ci sto ancora lavorando ma sono in dirittura d'arrivo. Il nuovo romanzo uscirà la prossima primavera».
Quale parola sintetizza meglio la sua terra?
«Appartenenza. Il Friuli ha un passato di grandi invasioni. È stato conquistato, attraversato, rapinato per millenni ma nessuno lo ha amato come chi ci è nato. Lo amiamo perché abbiamo saputo ricostruirlo dopo il sisma, lo amiamo per la sua terra che implica fatica ma fa anche molti doni. È nel nostro Dna».
Mary Barbara Tolusso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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