LA SCOMPARSA
La sua vita è stata una lunga avventura nell'arte, fin dalla

Mercoledì 17 Gennaio 2018
LA SCOMPARSA
La sua vita è stata una lunga avventura nell'arte, fin dalla nascita a Venezia nel 1920, perché figlia del grande pittore Guido Cadorin (1892-1975) e poi moglie e musa di Zoran Music (1909-2005), l'artista che con il suo ciclo Non siamo gli ultimi, realizzato nel campo di sterminio di Dachau dove era internato, appare una delle più inquietanti e drammatiche figure dell'arte europea del XX secolo. La pittrice Ida Barbarigo Cadorin è morta ieri a Venezia, a 97 anni, nel suo grande palazzo-studio a San Vio, dove ha sempre vissuto e lavorato, alternando lunghi soggiorni a Parigi, la sua seconda città, come diceva spesso, fino a pochi anni fa. Partecipando addirittura, ancora nel gennaio del 2016, alla grande mostra di Palazzo Fortuny dedicata ad Henriette, moglie e collaboratrice di Mariano Fortuny. Esponeva in quella occasione un enigmatico gruppo di figure titolate Erme e Saturni, dipinte nella metà degli anni Ottanta, evidentemente ispirate a divinità greche e nelle quali forse si riconosceva idealmente, al punto da sembrare suoi fantastici autoritratti immaginari.
TESTIMONE DEL NOVECENTO
La pittrice veneziana ha peraltro sempre lavorato per cicli tematici, a cominciare dalle Sedie del 1947, spesso sorprendendo la critica e il pubblico con titolazioni fuorvianti perché, è stato scritto a questo proposito, quello che si vede nelle sue opere non sempre coincide con quello che si percepisce. Come nel caso delle apparentemente inoffensive figure sedute al caffè degli anni Sessanta, titolate invece, con graffiante sarcasmo, Storie di Caino. E del resto le ambigue figure del decennio successivo, caratterizzate da una pittura fatta di lacerazioni, striature e cancellazioni, come per essere negate, ma non distrutte, forse solo rifiutate, vengono solennemente titolate I giudici. Confermando per tale via un immaginario complesso ed inquieto, difficile da tenere a bada, al quale è difficile resistere, diceva lei stessa, che ha condotto spesso Ida Barbarigo ad una pittura che abbiamo definito deliberatamente antigraziosa, come è evidente ad esempio nel tenebroso ciclo dei Volti del 1995-96. La morte di Ida Barbarigo (il suo scelto nome d'arte), dopo quella nel 2005 del suo magnifico compagno di avventura nella vita e nell'arte, Zoran Music, appare dunque come la perdita di una delle ultime personalità eroiche dell'arte del Novecento a Venezia. Una perdita che pone peraltro il problema di conservare alla città la memoria di una straordinaria ed irripetibile famiglia di artisti, quella formata appunto, per oltre un secolo, da Guido Cadorin, Zoran Music e Ida Barbarigo. Un apposito museo nel suo palazzo-studio?
Enzo Di Martino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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