«Il cinema è spietato: l'aveva messo da parte e io non lo perdono»

Domenica 25 Agosto 2019
«La gente non ha mai smesso di volergli bene, ma il cinema è un mondo spietato e l'aveva messo da parte: non potrò mai perdonarlo». È scosso, Pupi Avati, 80 anni, quando rievoca Carlo Delle Piane entrato nella sua vita nel 1977, quando girò con lui Tutti defunti... tranne i morti, primo dei 15 film (tra cui Una gita scolastica, Festa di laurea, Regalo di Natale, La rivincita di Natale) che avrebbero scandito per un quarantennio il sodalizio artistico e l'amicizia fraterna tra l'attore e il regista.
Perché decise di scritturarlo?
«Me lo presentò Antonio ma all'inizio non lo volevo. Con quello spirito razzista che caratterizza noi del cinema, pensavo fosse un attore ormai squalificato: dopo aver lavorato accanto ad Alberto Sordi, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica e Totò era precipitato nei film sexy».
E cosa, chi le fece cambiare idea?
«Fu sempre mio fratello, che frequentava con lui il Filmstudio e conosceva il suo amore per la musica jazz e le buone letture. Mi fece trovare Carlo vestito da Humhprey Bogart nella sartoria Peruzzi. I miei pregiudizi si sbriciolarono e colsi le sue grandi potenzialità».
Qual è, secondo lei, il film migliore di Delle Piane?
«Una gita scolastica, per cui nel 1983 lo scritturai di nascosto dal produttore Luciano Martino che non lo voleva. Gli misi perciò una parrucca bionda ma, scrutando le foto di scena, il produttore lo riconobbe e piombò con la sua Bmw sul set a Porretta Terme, deciso a licenziare Carlo e a costringermi a rifare il film senza di lui. Antonio e io faticammo come pazzi per farlo ricredere... poi Una gita scolastica andò alla Mostra di Venezia e fu un successo».
Quando ha visto Delle Piane per l'ultima volta?
«Una settimana fa. Antonio e io siamo andati trovarlo, trovandolo piuttosto assente. Ma quando mio fratello gli ha detto che stavo scrivendo un magnifico personaggio per lui, Carlo ha sorriso (il regista scoppia a piangere, ndr)».
Perché, secondo lei, viveva isolato?
«Diffidava del mondo, scontava il fatto di essere considerato diverso. A 12 anni girò Cuore perché cercavano il bambino più brutto di Roma. Poi, da adulto, si sentiva emarginato: a parte Ermanno Olmi, che lo volle in Tickets, nessun regista all'infuori di me lo ha fatto lavorare».
E lei come se lo spiega?
«Carlo aveva un'estrazione popolare, non era un intellettuale. Una gita scolastica vinse 5 Nastri d'argento e quando lui venne premiato, in platea i big del cinema scuotevano la testa indignati. E nel maggio scorso all'Auditorium, per i 70 anni di carriera, non c'era un solo regista. Per fortuna l'attore ha potuto contare sull'amore del pubblico. E della moglie Anna: è stata la sua salvezza, mai vista una coppia così innamorata».
Gl. S.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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