Gualazzi: «La musica come preghiera e medicina»

Giovedì 29 Luglio 2021
L'INTERVISTA
«La musica è una grande passione, molto più di un mestiere, è un motivo di vivere». Quarant'anni a novembre, il cantautore e compositore Raphael Gualazzi ritorna dal vivo in una serie di concerti estivi, martedì sul palco di Suoni di Marca sulle mura di Treviso (ingresso 24 euro, biglietti su Ticketone), dove ripercorrerà la sua carriera in trio con Gianluca Nanni alla batteria e Roberto Bartoli al contrabbasso. Ospite speciale Simona Molinari, cantautrice pop-jazz.
«Sono stati momenti molto particolari, non facili, per la società e la nostra categoria, - spiega Gualazzi, che nel 2020 ha pubblicato il suo album Ho un piano, poco prima della pandemia, da cui è tratto il brano Carioca presentato al festival di Sanremo. - Devo dire che arrivato a 40 anni sono professionalmente soddisfatto, mi sento fortunato e privilegiato di poter svolgere un mestiere che mi piace. Si dice che dopo la tempesta arriva la calma, io vivo questo periodo come un'occasione, un'altra fase della vita».
Come ha vissuto il periodo di lockdown?
«Come molti ho cercato di ottimizzare il tempo a disposizione, sviluppando l'attività creativa. Prima di poterci vedere in studio, ho imparato a suonare nuovi strumenti, ora so suonare l'ukulele e ho registrato nel mio home studio. Uscirà a breve il nuovo lavoro (nessuna anticipazione al momento, ndr). La musica ci fa una grande compagnia, anche nei momenti di isolamento. È medicina, una preghiera, è tutto».
Lei che ha viaggiato molto con la sua musica, ne ha sentito la mancanza?
«Sono stato varie volte a New Orleans, tre anni a Londra, in Francia, in Germania. E sono stato due volte a Tokyo, una delle quali per esibirmi al Blue Note. Un'esperienza bellissima. Questo è mancato durante lo scorso anno».
Lei che con il jazz è riuscito ad affermarsi a livello italiano ed internazionale, come vede le diverse scene musicali italiane ed estere?
«Il jazz in Italia è ben accolto, ma lo sarebbe ancora di più se fosse sostenuto dai media, dalle televisioni e dalle radio. Nel Regno Unito, in Francia, c'è un'attenzione per il jazz considerato un patrimonio culturale importante. In Francia ci sono almeno 4 o 5 emittenti radio dedicate solo al jazz. Così anche nel Regno Unito. Il jazz appare più complesso, ma le belle melodie non hanno genere e anche il jazz nasce da temi popolari, basti pensare alla scena di New Orleans. In Italia manca sostegno a livello mediatico».
Come nascono i suoi brani?
«Non ho un vero e proprio metodo, a volte comincio dalla parte musicale, ma non è esclusivo. La musica a volte è a servizio del testo o viceversa. Non è sempre facile gestire questo equilibrio».
Cosa proporrà a Treviso?
«Dal vivo propongo i successi della mia carriera, ma anche brani che ho suonato meno negli anni. Ci sarà spazio per omaggi alla musica operistica e da film, rivisitata, oltre a reinterpretazioni di brani blues e soul. In trio, grazie all'interplay tra i musicisti, i brani saranno ancora più arricchiti. Ci sarà anche qualche rivisitazione del repertorio afro-americano degli anni Venti. Siamo privilegiati ad avere un'ospite speciale durante lo spettacolo, che dialogherà con noi».
Sara De Vido
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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