Geografia, il museo del futuro

Mercoledì 12 Maggio 2021
Geografia, il museo del futuro
LA PROPOSTA
Il quesito di fondo chi entra a Palazzo Wollemborg se lo pone già sulla prima rampa della scala che conduce all'ingresso da cui si snoda un itinerario suggestivo ed emozionante, al termine del quale la risposta arriva quasi magicamente. Cancellando stereotipi e idee maturate sui banchi di scuola, che corrispondono alla descrizione che nel Piccolo principe di Antoine de Saint Exupery, dà di se stesso l'anziano a cui il protagonista chiede che cos'è un geografo. «È un sapiente - risponde il vecchio - che sa dove si trovano monti, fiumi, città, montagne e deserti, di cui parlano libri che non passano mai di moda. È molto raro che una montagna cambi di posto, o che un oceano si prosciughi. Noi descriviamo cose eterne». Come a dire che la disciplina di cui si occupa è mnemonica, immutabile e quindi percepita come noiosa. La tesi, invece, è smentita clamorosamente dal sito patavino (che porta il nome dell'omonima famiglia tedesca che lo aveva acquistato nel 1826) in quanto nell'edificio ottocentesco di via del Santo a Padova, che accoglie il Dipartimento di Scienze Storiche Geografiche e dell'Antichità dell'Ateneo, è stato realizzato il Museo di Geografia, l'unico del genere allestito in Italia e tra i primi al mondo, con un obiettivo ambizioso: rilanciare l'attualità di uno dei saperi più antichi, invitando il visitatore a superare il pregiudizio di una disciplina arida e nozionistica, per abbracciare quello di una materia rinnovata e accattivante, capace di dare senso alla complessità della realtà in cui viviamo ed esprimere la propria responsabilità ambientale e sociale, come invitano gli imperativi che danno il nome alle tre sale tematiche, cioè esplora, misura racconta. Era stato inaugurato a dicembre del 2019, e subito aveva destato grande interesse, ma poi lo tsunami della pandemia qualche settimana dopo aveva imposto la chiusura all' esposizione che mette a disposizione dei visitatori un patrimonio accumulato in 150 anni di ricerca e di didattica al Bo. Responsabile scientifico del Museo è Mauro Varotto, docente appunto di Geografia all'Ateneo di Padova, conservatore è Giovanni Donadelli, dottore di ricerca ed esperto di educazione geografica, con i quali per l'allestimento hanno collaborato Chiara Gallanti, assegnista di ricerca in Storia della Geografia, Lorena Rocca, geografa, ed Elena Canadelli, storica della Scienza.
L'ITINERARIO
Dalla sala in stile Liberty al piano nobile di Palazzo Wollemborg inizia quindi il viaggio nella storia della Geografia con la stupenda collezione di globi celesti realizzati tra il 1630 e il 1910, con anima in cartapesta e rivestimento in gesso, accanto ai quali si possono ammirare carte storiche, decine di atlanti pubblicati tra il XVIII e il XIX secolo, e la la collezione di plastici che con i suoi 27 esemplari, che evidenziano l'andamento dei rilievi, è tra le più ricche d'Italia. Ci sono poi 300 carte murali, tra le quali pregiate edizioni tedesche della metà del XIX secolo perfettamente conservate, 150 strumenti di misurazione, 20mila tra lastre fotografiche e stampe. E traendo ispirazione dal proprio patrimonio cartografico, il logo del Museo riprende lo schema di un mappamondo in due emisferi che richiamano al tempo stesso il dialogo tra geografia fisica e umana, scienze naturali e sociali. Il logo rappresenta anche il binocolo, invitando alla osservazione e all'esplorazione del mondo a diverse scale. Le sezioni dell'allestimento, che rispecchiano appunto il brand del Museo, cioè Esplora, Misura, Racconta, invitano a tre percorsi di conoscenza attraverso l'osservazione dei cambiamenti climatici, le esplorazioni di ieri e di oggi, e il racconto dei luoghi facendo ricorso alle metafore. Particolare rilevanza all'interno del tragitto viene data agli strumenti di misurazione utilizzati nelle ricerche sul clima e sui ghiacciai alpini nel corso degli ultimi 100 anni, al Plastico delle Alpi Svizzere che doveva far parte di un gigantesco globo a scala 1:100.000 nell'Esposizione Universale di Parigi del 1900, alla preziosa riproduzione settecentesca del Mappamondo borgiano del XV secolo.
LA CURIOSITÀ
A questi pezzi storici si aggiunge il nuovo plastico della Marmolada, realizzato in California grazie alla donazione di Corvallis Spa con le ultime tecnologie di stampa 3D. Inoltre, il patrimonio è valorizzato pure dal punto di vista sonoro grazie alla Danza dell'Antropocene, una composizione realizzata ad hoc dal musicista padovano Giorgio Gobbo. Nella sala-laboratorio, poi, dove si soffermano soprattutto le scolaresche, c'è un'infintà di rocce diverse che raccontano la genesi dei luoghi da cui provengono.
Uno dei reperti che suscita maggiore curiosità nei visitatori è appunto la mappa che illustra l'Italia dell'Antropocene, la quale mostra come si trasformerà nei secoli la penisola in cui viviamo, con il mare Adriatico che avrà sommerso intere regioni, tra cui il Veneto, e la formazione al loro posto per esempio dell'Isola Euganea, della Laguna di Firenze, o dei fiordi delle Marche . A questo tema, affascinante e inquietante, lo stesso Varotto, assieme al collega Telmo Pievani, ha dedicato un libro in uscita in questi giorni. Guardando invece ai tempi nostri, in mostra c'è un'altra chicca, cioè la bilancia pesa neve, in grado di determinare la densità appunto dei manti nevosi.
LE MOTIVAZIONI
«Il Museo di Geografia di Padova osserva Varotto - valorizza un patrimonio che risale a una delle prime cattedre di geografia in Italia e a 150 anni di ricerca e didattica universitaria. Ma non si rivolge al passato, anzi, guarda al futuro di una disciplina spesso bistrattata e insegnata male, ma utile a capire i grandi cambiamenti del mondo contemporaneo e il significato dei luoghi in cui viviamo. La Geografia non serve solo a mandare a memoria fiumi, monti e capitali anche se questo non guasta, ma a capire per esempio da dove proviene ciò che mangiamo a colazione, oppure perché migliaia di persone fuggono dal lago Chad e arrivano nelle nostre periferie, o ancora a ipotizzare quando probabilmente scomparirà il ghiacciaio della Marmolada». «Le tre sale del Museo - dedicate alla misura del clima, all'esplorazione, al racconto dei luoghi - prosegue il direttore scientifico - non esauriscono l'azione del Museo, che è promotore di iniziative di ricerca partecipata, laboratori didattici creativi e iniziative di sensibilizzazione pubblica su temi geografici di grande attualità». «Una terza sfida - conclude Varotto - è legata alla collocazione accademica del sito museale, a stretto contatto con la ricerca e la didattica universitarie, che lo rendono il naturale punto di congiunzione fra missioni tra loro strettamente legate. A questo proposito va ricordato che l'Ateneo patavino vanta una delle prime cattedre di Geografia dello Stato unitario, assegnata a Giuseppe Dalla Vedova nel 1872. E successivamente l'autorevolezza scientifica sua, e dei suoi successori, tra i quali Giovanni Marinelli, Roberto Almagià, Arrigo Lorenzi e Giuseppe Motandin, resero il Gabinetto patavino un punto di riferimento per la Geografia moderna d'Italia».
Nicoletta Cozza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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