«Esordio magico a Milano»

Giovedì 6 Dicembre 2018
«Esordio magico a Milano»
L'INTERVISTA
Un girone lastricato di velluti rossi, stucchi e rose bianche. Che però può portarti dritto al Paradiso. Tre ore dove ti giochi un'intera carriera musicale. Ecco perchè la premiére di stagione alla Scala non ha corrispettivi in nessun altro teatro al mondo.
«Se mi dicessero di rappresentare l'Inferno risponderei: il 7 dicembre alla Scala». Fabio Sartori, scaramanticamente, la butta sul ridere. Scherzando, ma fino ad un certo punto. «C'è una meticolosità, un'adrenalina, un'energia incredibile fino a quei magici 180 minuti in cui il Teatro alla Scala diventa il centro di tutto. Il qui e ora del bello».
Dopo tante apparizioni in Scala, finalmente il tenore trevigiano guadagna la prèmiere di stagione: sarà Foresto nell'Attila di Giuseppe Verdi diretto, per la prima volta, da Luciano Chailly per la regia di Davide Livermoore. L'artista, 48 anni, si prepara come può.
È un debutto sofferto?
«Ho cantato il ruolo già altre volte in questo teatro, ma questa volta la preparazione è stata meticolosa. 8 assieme, 15 prove musicali, 2 italiane da 6 ore, 2 generali. C'è una certa fatica, ma ne vale la pena. Luciano Chailly è un direttore straordinario. Anche quando ti massacra in camerino al pianoforte se c'è qualcosa da sistemare!».
C'è qualcosa che la preoccupa in vista della prima?
«Sono soddisfatto del lavoro, anche la regia di Davide Livermoore è molto coerente. C'è stata una scena un po' discussa, poi ha fatto marcia indietro: niente statue sacre infrante. Spero anche che la resa fonica in televisione sia buona. La Rai ha sostituito 3 volte i microfoni perchè restituivano un suono un po' secco. L'ultima presa mi sembrava buona. Diversamente, sarebbe un peccato per i telespettatori».
Qual è il tipo di canto a cui si ispira?
«Vengo da un repertorio lirico. E anche se oggi ho iniziato ad affrontare ruoli più spinti, la mia emissione è sempre morbida. Il mio modello resta Luciano Pavarotti».
Perchè ha detto di no al Metropolitan?
«Perchè Turandot e Chenier sono ruoli troppo pesanti per me. Cerco di stare molto attento a preservarmi e non demonizzo i forfait. Oggi la facilità negli spostamenti per noi non è sempre un bene perchè ci obbliga spesso a tour de force. Io però osservo una regola ferrea: come i vecchi cantanti, canto un giorno si e due no».
Il 2019 si aprirà con un recital alla Scala.
«Si, poi sarò a Berlino e a Vienna per Pagliacci e Masnadieri. Poi Las Palmas e diverse altre cose fino all'estate, in cui canterò con Placido Domingo all'Arena. Sono felice, il canto è la mia vita. Non avrei potuto sperare di più».
Spesso ripete che però il vero talento in famiglia è sua figlia.
«Eh sì, Rebecca è una super violinista. In Francia, dove viveva con la madre (l'ex compagna Lydia Mechali, anch'essa cantante) è diventata famosissima vincendo il talent Super kids. Ora è stata ammessa ad una scuola speciale e si è trasferita in Israele».
La fama, il denaro, il successo, non l'hanno cambiata
«Sono nato in una famiglia semplice. Non ho cambiato luoghi, abitudini, e modo di guardare la vita. Sarà perchè ho dovuto sudarmi ogni cosa, sarà per questo strano mestiere che ora ti pone di fronte a migliaia di persone e un secondo dopo ti lascia solo in una camera d'albergo, tengo alle mie radici. E quando posso torno a casa dai miei genitori, e studio con il maestro Paolo Polon sul pianoforte bianco che Bonaldo Giaiotti mi regalò poco prima di morire».
Elena Filini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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