ERACLEA
Risalgono agli anni Novanta le prime indagini sulle presunte infiltrazioni

Venerdì 12 Marzo 2021
ERACLEA
Risalgono agli anni Novanta le prime indagini sulle presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nel Veneto orientale. A riferirlo, nell'aula bunker di Mestre, è stato un ispettore della Squadra Mobile di Venezia, Giuseppe Palma, ascoltato ieri al processo in corso contro l'imprenditore di Casal di Principe, Luciano Donadio, e numerose altre persone accusate di associazione per delinquere di stampo mafioso e altri reati.
Nel 1992 i primi accertamenti riguardarono la presenza di Domenico Celardo (morto nel 2011) e i rapporti da lui intrattenuti con il boss del sandonatese, Silvano Maritan. Il poliziotto ha ricordato i traffici di droga, ma anche un sequestro di persona avvenuto a Duna Verde, quello di un geometra colpevole di aver assegnato alcuni lavori a imprese diverse. «Celardo gli disse che i lavori dovevano essere dati a lui, e che se venivano dati ad altre aziende campane, Celardo doveva avere una percentuale», ha riferito l'ispettore ricordando anche i contatti tra Celardo e Donadio, come emerse dalle intercettazioni telefoniche.
ACCERTAMENTI DIFFICILI
Gli accertamenti sulle attività del presunto boss dei casalesi di Eraclea non erano però facili, ha spiegato il poliziotto, in quanto vi erano 200-300 operai di Donadio che stazionavano in piazza, nei bar: «Quindi era difficile fare sopralluoghi - ha spiegato al Tribunale - Ci siamo resi conto che saremmo stati notati».
Palma ha ricordato alcuni episodi di intimidazione tra cui l'attentato dinamitardo ad un'agenzia immobiliare nel 2001 e il colpo di fucile esploso l'anno seguente contro un panificio.
Nell'udienza di ieri si è tenuta anche la testimonianza di un altro pentito, Roberto Vargas, in passato il numero due del clan dei casalesi capeggiato da Schiavone, conosciuto come Sandokan. Vargas non ha conosciuto Donadio né il suo uomo più vicino, Raffaele Buonanno, ma ha raccontato di aver ricevuto da Salvatore Laiso una pistola che era stata procurata da qualcuno nel Nordest, confermando indirettamente le testimonianze fornite nelle precedenti udienze, secondo le quali sarebbe stato Buonanno a procurare quell'arma. Vargas ha spiegato che gli imprenditori erano tenuti a versare una percentuale dei loro profitti al clan, e che ai casalesi non era consentito di praticare l'usura, confermando precedenti deposizioni rese da altri testimoni. (gla)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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