Ebhardt: «Il mio Marchionne un manager rivoluzionario»

Sabato 25 Maggio 2019
L'INTERVISTA
Tommaso Ebhardt è nato a Treviso nel 1975. È direttore della redazione di Bloomberg News di Milano. Per la sua testata ha seguito alcune delle più importanti operazioni societarie a livello mondiale. Gioca a rugby in prima linea e suona l'ukulele con i suoi due figli. E' sposato con Anna, che disegna illustrazioni per l'infanzia. Sergio Marchionne (Sperling & Kupfer).
Di Sergio Marchionne lei è stato un affezionato stalker come lui lo ha definito lui... perché e per quanto tempo?
«Per circa dieci anni a partire dalle prime fasi dell'acquisizione di Chrysler, ho inseguito Marchionne in ogni angolo del globo come inviato di Bloomberg News con l'obiettivo di essere il primo a raccontare il progredire dell'avventura americana di Fiat con cui Marchionne ha trasformato la pericolante azienda italiana in uno dei maggiori gruppi automobilistici a livello globale».
Nel libro è riuscito a spiegare bene chi è stato Sergio Marchionne, leader visionario e divisivo, e che cosa resta della sua eredità... e qual è stato il prezzo che ha dovuto pagare per tutto quello che è (e non è) riuscito a fare?
«Marchionne è stato un manager rivoluzionario per la Fiat e per l'Italia, ha rotto gli schemi, portato uno stile di leadership anglosassone, assieme spietato e meritocratico. Era un uomo ossessionato dal suo lavoro, dal mettere a posto le cose che non funzionavano, tanto da trascurare anche se stesso fino alle estreme conseguenze. Era un persona non incline al compromesso, divisiva, convinta delle sue ragioni, poco avvezza alle liturgie del nostro paese, che pure amava visceralmente».
Il libro indaga anche i sentimenti privati di un uomo riservatissimo...chi era a grandi linee, intimamente, Sergio Marchionne?
«Marchionne era tutto fuorchè un uomo da salotti buoni e alta società, una persona che non rinnegava le sue umili origini, molto attaccato alla sua famiglia, ad una madre istriana burbera e austera, ai suoi parenti abruzzesi. Mi ha sempre colpito, oltre la sua intelligenza coinvolgente legata a molteplici passioni -- dalla filosofia al diritto, da Bob Dylan a De Andrè --- per quel senso da solo uomo al comando che traspariva conoscendolo nella sfera privata.
Tra le tante cose Sergio Marchionne era capace di proiettarsi fuori dal coro, e di anticipare le mosse degli avversari.
«La velocità di pensiero è stato uno dei suoi tratti distintivi. Nel 2008 quando tutti si sono messi sulla difensiva vista la crisi finanziaria, lui si è lanciato nell'operazione Chrysler che nessuno delle altre case automobilistiche voleva toccare, ed ha avuto ragione. Ha capito prima degli altri che il settore automobilistico era destinato ad una nuova ondata di fusioni perchè i costi di sviluppo nei nuovi modelli nell'era dell'elettrico e dell'auto a guida autonoma sono troppo alti da affrontare da soli, ma nessuno si e' voluto sposare con Sergio per paura di essere sbranati».
Qual è stato il momento più difficile di questo vostro lungo percorso insieme?
«Si è furiosamente incavolato per alcuni articoli che ho scritto, in particolare quando facevo le pulci ai suoi lauti stipendi e alle sue strategie o quando dimostravo -- numeri alla mano -- che alcuni dei suoi obiettivi erano irraggiungibili. Per fortuna, non mi ha mai portato rancore...».
Giovanna Donini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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