E così la coalizione di centrodestra da ieri sera non esiste più. La scelta

Sabato 24 Marzo 2018
E così la coalizione di centrodestra da ieri sera non esiste più. La scelta di Anna Maria Bernini come possibile presidente del Senato è certamente ragionevole in sé. La signora è brillante e dotata di esperienza. Il problema è che Matteo Salvini ha scelto e votato un candidato di Forza Italia contro il parere di Forza Italia, visto che Silvio Berlusconi non ha mai rinunciato alla candidatura di Paolo Romani. La storia della Prima Repubblica, alla quale questa Terza pretende di assomigliare, è piena di candidati ufficiali bruciati da veti incrociati. La Dc dovette accettare Scalfaro al Quirinale, pur non volendolo, come Craxi dovette accettare Pertini con il mal di pancia. Ma furono i partiti di cui i due parlamentari facevano parte a fare la scelta, seppure controvoglia. Non era mai accaduto che un partito scegliesse il candidato di un alleato senza averlo consultato, limitandosi a una comunicazione come è avvenuto ieri. Il fatto che un uomo prudente come Berlusconi nel giro di pochi minuti abbia bollato l'iniziativa di Salvini come «un atto di ostilità a freddo» descrive chiaramente l'enormità dell'impatto. La «rottura dell'unità del centrodestra» che «smaschera il progetto di un nuovo governo LegaM5s» sembrerebbe lasciare pochi margini di recupero. Berlusconi porta sul volto i segni dello schiaffo. La Bernini possibile carta di riserva di un percorso concordato è verosimilmente bruciata. Ieri sera non a caso era terrea per la sorpresa. Il Cavaliere ha poche strade davanti: incassare lo sgarbo e indicare un terzo candidato gradito alla Lega e ai 5 Stelle (Elisabetta Casellati, per esempio), lavare l'onta ottenendo la presidenza della Camera (che i grillini considerano acquisita) facendo votare un proprio candidato da Lega e Pd (ipotesi spericolata) o lasciare la coalizione al suo destino. In ogni caso, da ieri sera Matteo Salvini è molto più vicino a Di Maio che a Berlusconi. E se il centrodestra continuerà ad esistere, ne sarà lui il leader indiscusso. Post scriptum. Il passaggio dalla rivoluzione alle istituzioni non è facile. Eppure Fidel Castro, un gradino più su di Beppe Grillo, appena conquistata Cuba chiese di essere ricevuto da Eisenhower. Il presidente degli Stati Uniti non capì l'importanza del segnale, se ne andò a giocare a golf, mandò il vice Nixon che a sua volta lasciò cadere ogni ipotesi di accordo con le conseguenze che conosciamo. Il capo partigiano Sandro Pertini non batté ciglio quando dovette incontrare il fucilatore Giorgio Almirante. E nemmeno Enrico Berlinguer. Churchill odiava Stalin, con parecchi milioni di morti sulla coscienza. Eppure a Yalta si fecero fotografare insieme come vecchi amici. È annunciato un vertice tra il famigerato Donald Trump e il bombarolo Kim Jong-un. Ma il M5S giudica indecente un incontro tra Luigi Di Maio e Silvio Berlusconi, il solo uomo politico italiano che abbia incontrato, come presidente del Consiglio, da due a tre generazioni di capi di Stato e di governo dei principali paesi del mondo. I grillini hanno paura, a quanto pare, della reazione del Fatto quotidiano. Ma quando la linea di un partito viene influenzata troppo da un giornale, in genere il partito ci rimette. Chiedere a Ciriaco De Mita dopo l'autorevole sponsorizzazione di Eugenio Scalfari. E anche a Hillary Clinton dopo l'endorsement del New York Times e di tutti i suoi illustri confratelli. Ma se l'accordo tra Di Maio e Salvini tiene, dopo il colpo di scena di ieri sera, l'Italia potrà continuare tranquillamente a essere un paese diverso...
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