«Donadio non era l'unico boss dei Casalesi, comandava anche Buonanno»

Venerdì 29 Gennaio 2021
ERACLEA
A voler credere a Vincenzo Vaccaro, il super pentito del clan dei casalesi di Eraclea, non comandava solo Luciano Donadio, a Eraclea. C'era anche Raffaele Buonanno in posizione di vertice e, anzi, forse era lui il vero capo. Perchè era Buonanno che teneva i contatti settimanali con Casal di Principe. «Arrivava a Eraclea ogni lunedì mattina e se ne tornava giù al venerdì. Donadio diceva che veniva qui solo per i soldi» ha raccontato Vaccaro in aula bunker a Mestre nel processo al clan dei casalesi di Eraclea. Soldi che Buonanno portava ai Casalesi. Ma non perchè a Casal di Principe ci fosse la casa madre della cosca ed Eraclea fosse una succursale impiantata al Nord, ma perché erano soci in affari i casalesi di Eraclea e i casalesi di Casal di Principe. Tant'è che Buonanno e Donadio avevano una grande autonomia operativa. La testimonianza di Vaccaro è l'ennesima prova provata che ha ragione il pm di questa inchiesta, Roberto Terzo, che ha sempre parlato di federazione e non di affiliazione. Tra i casalesi campani e quelli nel Veneto Orientale era stato siglato dunque un accordo sulla base del business. I casalesi di giù avevano messo i primi soldi per far partire Donadio 300mila euro - e Donadio aveva moltiplicato quei quattrini, mettendo in piedi una holding del crimine. Grazie soprattutto alla rete di politici e imprenditori locali, ma anche grazie a Buonanno che teneva buoni rapporti con il Sud. Certo è questione di lana caprina di chi sia stato il vero capo della gang di Eraclea dal momento che cambia ben poco dal punto di vista processuale, semmai cambia qualcosa dal punto di vista storico. Del resto di storia ormai si parla in questo processo visto che Vaccaro ha raccontato di essere diventato collaboratore di giustizia nel 2009, dopo essere stato arrestato a Udine con più di 50mila euro falsi ed essere stato infiltrato nella banda per conto della Guardia di finanza per ben 10 anni. Tanto c'è voluto infatti per arrivare alla fine di una inchiesta che in realtà era partita alla fine del secolo scorso. Gli avvocati difensori, ha cominciato l'avvocato Giuseppe Brollo, che difende Buonanno, anche ieri hanno tentato di smontare la testimonianza di Vaccaro, ma sono riusciti solo a scalfirla, non a intaccarla. Certo, l'avvocato Emanuele Fragasso, che difende l'ex sindaco di Eraclea Mirco Mestre, è riuscito a fargli dire in rapida successione che si ricorda che c'era anche Mestre a un incontro a Jesolo con Donadio e Amorino Zorzetto per una cessione di proprietà che derivava da un prestito a strozzo, ma subito dopo che non c'era e subito dopo ancora che non si ricordava. E Giovanni Gentilini, che difende Luciano Donadio, ha convinto la Corte presieduta da Stefano Manduzio che è il caso di andare a vedere in controluce la collaborazione di Vaccaro che, anche quando era gestito dalla Guardia di finanza, comunque continuava a commettere reati. «Per non farsi scoprire e perché non sempre riusciva ad avvertire i Finanzieri» è la sintesi dalla pubblica accusa, «perché è un bandito, punto e basta», è pronta a ribattere la difesa. C'è poi un'altra domanda che resta inevasa, come mai Donadio in 10 anni non ha mai sospettato di Vaccaro che pure non eseguiva mai gli ordini di Donadio il quale, stando a Vaccaro medesimo, che giura di non esagerare, si svegliava una mattina sì e l'altra pure ordinandogli un giorno di ammazzare il tale e il giorno dopo di gambizzare il tal'altro?
MaurizioDianese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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