di Tullio Avoledo

Nel suo romanzo del 1898 La guerra dei mondi lo scrittore

Mercoledì 1 Aprile 2020
di Tullio Avoledo

Nel suo romanzo del 1898 La guerra dei mondi lo scrittore inglese Herbert George Wells immaginava un'invasione marziana della Terra: gigantesche e indistruttibili macchine di morte armate di laser spazzavano via come un uragano le deboli difese dell'umanità. A salvare quest'ultima non erano cannoni e corazzate, ma la Natura. Organismi invisibili a occhio nudo - batteri o virus - facevano ammalare e infine sterminavano gli arroganti invasori alieni.
Un finale che mi sembrò improbabile quando lessi per la prima volta quel romanzo, preso in prestito alla biblioteca della scuola media. Era una trovatina insoddisfacente, pensavo. Ma come? Una civiltà tanto più avanzata della nostra, armata di astronavi interplanetarie e di raggi della morte, viene abbattuta da un organismo che nemmeno si vede?
Ho ripensato spesso a quel libro di Wells, in questi giorni. A quanto fossimo diventati arroganti e spavaldi, prima del Covid-19. A come ci fossimo abituati a poter girare il mondo in aereo in lungo e in largo, ad avere i frighi sempre pieni e gli ultimi ritrovati della tecnologia portati a casa nostra nel giro di poche ore dai corrieri di Amazon. Mi sono detto che agli occhi dei miei nonni saremmo sembrati arroganti e superbi come quegli invasori alieni. E proprio come loro anche noi, con la nostra fragile economia fatta di debiti e di consumo continuo e distruzione del pianeta, siamo stati piegati da un organismo invisibile. Ci siamo accasciati come un gigante dai piedi d'argilla.
Ci dicono che, da quando Covid-19 ha colpito, i fiumi e i mari e persino i canali di Venezia stiano diventando più limpidi, l'aria più tersa. Come se il virus stesse salvando la Terra dalla distruzione, togliendo di mezzo una specie aliena.
Per troppo tempo ci siamo arrogati il diritto di essere la specie dominante del pianeta. Abbiamo sfruttato le risorse della Terra fino al limite, per produrre beni spesso inutili, per trasformare risorse preziose e insostituibili in oggetti che finiscono subito nella spazzatura, avvelenando l'aria e l'acqua che ci danno la vita. E il benessere ci ha resi sordi e ciechi nei confronti degli altri. Qualcuno ha illuso molti di noi che la soluzione fosse chiuderci nelle frontiere nazionali. Ma i virus si fanno beffe dei confini di stato. Qualcuno, oggi, vorrebbe ancora convincerci che si possono sacrificare i più deboli i vecchi, i poveri, i malati per continuare a mantenere i nostri attuali modelli di vita ispirati al liberismo più sfrenato: gli stessi modelli economici e politici che hanno trasformato noi cittadini in consumatori, la politica in un mercato, il mondo in un immondezzaio.
In questi giorni stiamo tutti imparando di nuovo, come bambini, ad apprezzare cose semplici come il pane fresco, e cose più complesse come l'assistenza di un medico o il fatto che qualcuno continui a occuparsi di raccogliere porta a porta la nostra spazzatura. Cose che davamo per scontate, e invece non lo sono affatto. Al tempo stesso cominciamo a renderci conto che non si può speculare sulla sanità pubblica, e sacrificare la sicurezza di chi lavora in nome del profitto. Cominciamo a capire finalmente! che chi non paga le tasse non è né furbo né intelligente: è un criminale. Ancor di più quando pretende di utilizzare, a spese dei più deboli, servizi pubblici per i quali non ha pagato la sua parte. Ogni respiratore che manca nei nostri ospedali è precisa responsabilità di politici inetti o corrotti e dei tanti, troppi evasori. Avidità e incapacità, nel nuovo mondo che costruiremo, devono sparire e lasciare spazio alla cooperazione e alla competenza. Perché di avidità e di incompetenza si muore.
Credo che questa pandemia sia un grave pericolo ma anche un'opportunità: una lezione importante, un segnale che ci deve forzare a cambiare rotta, a ritrovare empatia per gli altri e senso di responsabilità verso il pianeta che abitiamo. Dobbiamo imparare, da questa dura lezione. Altrimenti la sofferenza e la paura che proviamo in questi giorni non sarà servita a nulla. Come nella parabola evangelica, questa catastrofe sta separando il grano dalla zizzania. Ai tanti, troppi episodi di egoismo e stupidità che emergono dalle cronache si contrappongono esempi di eroismo e abnegazione quali da tempo non si vedevano. Penso alle migliaia di medici e infermieri che lavorano in turni massacranti negli ospedali, e a quelli che si sono offerti volontari per prestare soccorso nelle zone di maggior pericolo. E la colonna della protezione civile regionale del Friuli Venezia Giulia partita per portare soccorso alla Croazia colpita dal terremoto mi è sembrata, molto più degli aiuti interessati delle grandi potenze, il primo segnale di un mondo a venire: un mondo necessario, di solidarietà e collaborazione fra tutti gli esseri umani. E di speranza per il futuro.
Nel 2003 un amico americano mi convinse a comprare il primo fumetto di una serie poi diventata famosa anche nella trasposizione televisiva, The Walking Dead. Ricordo quanto mi colpì e mi colpisce ancora, ogni volta che la rileggo la quarta di copertina di quella serie a fumetti arrivata all'ultimo episodio proprio il mese scorso.
Dice così: il mondo che conoscevamo è andato. Il mondo del commercio e delle necessità frivole è stato sostituito da un mondo di sopravvivenza e responsabilità.
Un'epidemia di proporzioni apocalittiche ha spazzato il pianeta.
In questo nuovo mondo dominato dalla morte, siamo finalmente costretti a cominciare a vivere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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