Cor Veleno Concerto al Rivolta di Marghera

Sabato 12 Gennaio 2019
Oggi le sonorità e le rime dei Cor Veleno (nella foto) saranno al Centro Sociale Rivolta di Marghera, a Venezia, dove farà tappa il nuovo tour del collettivo romano nato a metà degli anni Novanta da un'idea dei rapper Primo Brown e Grandi Numeri e di dj Squarta. Tournée che deve il nome all'ultimo album del trio, tra i più influenti e prolifici del panorama rap italiano: Lo spirito che suona, sesto progetto discografico della band, pubblicato il 26 ottobre scorso e anticipato dai singoli Shut tha fuck up, Tutta la vita e Niente in cambio, brano al quale hanno partecipato Giuliano Sangiorgi dei Negramaro e Roy Paci. Tra le 17 tracce del disco, anche Una rima, una jam con Coez e Gemitaiz, il cui video è uscito il 1. gennaio, stesso giorno in cui tre anni fa Grandi Numeri e Squarta davano il loro addio a Primo (pseudonimo di David Belardi), scomparso a soli 39 anni. Una «canzone che dalla prima all'ultima rima è un enorme tributo alla figura del nostro amico», in un album che è un omaggio a più voci al compagno d'avventura. Perché se la vita divide, «la musica tutta su questo disco è più forte del tempo e del destino». Quando avete deciso di dare forma a Lo spirito che suona? «Avevamo tantissimo materiale a cui avevamo lavorato racconta Francesco Saverio Caligiuri, meglio conosciuto come Squarta prima della scomparsa di Primo. Dopo la sua morte, ci siamo presi una pausa per capire cosa volevamo fare, poi ci siamo guardati negli occhi e insieme al padre di Primo abbiamo realizzato che sarebbe stato un peccato non portare a termine il lavoro. Così abbiamo superato le nostre paure e abbiamo iniziato a dare forma al disco». Com'era il rap quando tutto è cominciato? «Era una cosa nuova, nessuno sapeva esattamente cosa fosse. Oggi il rap è in classifica, genera economia, ma tutto è partito dall'incoscienza di tanti ragazzini come noi». Chi erano quei ragazzini? «Tre ragazzini che quando hanno iniziato erano visti come matti, che sognavano di intrufolarsi nei concerti per cantare un paio di canzoni. Poi di fare il primo disco, poi il secondo, poi un tour. La nostra è la storia di chi non si arrende, di chi a prescindere dai risultati pensa solo ad esprimersi con il proprio stile, senza rendere conto a nessuno né interrogarsi su quello che sarà. Sentivamo che non avremmo saputo fare altro e che era la nostra missione». (v.r.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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