«Compio cinquant'anni e ricomincio a vivere»

Sabato 18 Maggio 2019
L'INTERVISTA
Ha rifiutato i regali: «Se proprio volete, portateli in parrocchia a Trebaseleghe». E quando è stato il momento di spegnere le candeline accese sopra il tiramisù e di brindare con la sua famiglia, non solo moglie e tre figli ma tutti i suoi 500 dipendenti, Fabio Franceschi ha sorriso: «Con voi non festeggio i 50 anni, ma il fatto di essere tornato a star bene». Nato il 17 maggio 1969, il patròn di Grafica Veneta, il colosso di Trebaseleghe, nel padovano, che dà alla luce 16mila titoli all'anno per 200 milioni di copie di libri, è come se fosse tornato a vivere. Per quattro anni lo stampatore di Harry Potter, della trilogia di Stieg Larsson e pure dell'instant book scritto da Barack Obama alla vigilia della sua prima corsa presidenziale, ha combattuto una malattia non rarissima, ma difficile da curare, perché quando la sacca spinale si buca e il cervello si spegne, «il problema non è tappare il buco, ma trovarlo». È andato a farsi a curare dall'altra parte dell'Oceano, a Los Angeles, e adesso si sente «un quarantenne».
Franceschi, cosa si prova la mattina in cui ci sveglia e si realizza che si è arrivati ai 50 anni?
«Io mi sono commosso. Perché ci sono arrivato in salute, dopo quattro anni passati a combattere la malattia. Pensando sempre: speriamo sia finita».
Da bambino immaginava che avrebbe creato un impero?
«Provengo da una famiglia umile, mio padre viveva scaricando damigiane con i camionisti, da piccolo i primi anni sono stati duri, non dico che ho sofferto la fame, ma quasi. Il mio pensiero era che se avessi avuto una famiglia, avrei voluto darle una vita migliore».
Poi suo padre aprì una piccola tipografia, che lei rilevò nel 2000. Quale fu la svolta?
«Credere nel libro. La tipografia di mio padre e di suo fratello stampava altri prodotti, come il Bollettino ufficiale della Regione. Io ho puntato sui libri. E dai 5-6 dipendenti che aveva mio padre ora siamo, con l'indotto, a quasi 500».
Il punto di forza?
«La divisione per la stampa dei libri in appena 24 ore. Con Obama fu così: ci chiesero quanto tempo serviva per il suo instant book: 8-10 ore, rispondemmo, più i voli per la consegna».
Se dico Harry Potter cosa prova?
«Un ricordo meraviglioso. Lavorare con J. K. Rowling ci ha dato credibilità, è stata l'opportunità di diventare grandi nel mondo».
Nell'èra dei Internet e dei social, c'è ancora spazio per i libri?
«I libri non moriranno mai e non è un caso che si stia assistendo a una crescita: in Italia +3%, negli Stati Uniti +4%. Quanti libri vengano poi effettivamente letti, questo non lo so. Ma è innegabile il fatto che il libro non è solo cultura. È anche un oggetto di arredamento. È un'idea per un regalo. È un ricordo che si lascia ai figli».
Mai provato il lettore di libri elettronici?
«Solo per vedere com'era il libro prima di stamparlo su carta. Perché tante volte ci fanno stampare opere che erano uscite solo in rete».
Lei non ha finito le superiori. Le spiace?
«Tutto sommato no, come dicono i napoletani ho fatto l'università della strada. In realtà ho una laurea honoris causa in Ingegneria meccanica e sono grato per questo riconoscimento all'ateneo di Padova. Le rotative di Grafica Veneta sono un nostro brevetto».
Un anno fa era reduce dalla sconfitta elettorale: alle Politiche del 4 marzo 2018 era candidato per Forza Italia nel proporzionale a Vicenza. Col senno di poi, ha fatto bene a candidarsi?
«Sì. Ho conosciuto un mondo che è lontano dal mio, però ho avuto la possibilità di incontrare tante brave persone. E anche altre che non vorrei rivedere».
Chi?
«I cosiddetti big della politica sono persone perbene. È più il sottobosco che è discutibile».
Si ricandiderebbe?
«Sono appena uscito da quattro anni difficili, mi sto godendo la famiglia e l'azienda. Può darsi di sì, può darsi di no. Oggi non cerco niente per me, a 50 anni se guardo indietro vedo che non mi manca niente. Mi piacerebbe fare qualcosa per gli altri, ma concretamente, non andare in aula dove io dico bianco, gli altri nero e dover accettare che sia nero».
Ha tre figli. Nicola che ha lanciato i Royal Notes, Alberto che si è inventato le sneaker Hyde & Jack, Gianmarco che studia alla Bocconi. Quello che è più sotto i riflettori forse è Nicola: il fidanzamento con la figlia di Umberto Tozzi, Natasha, la Maserati Ghibli fatta ricoprire in velluto nero, l'elicottero. Lei, che sembra così umile, cosa pensa?
«Di Alberto? Ogni tanto ci litigo. Ma mi spiega che lavoriamo in due settori diversi, lui è in quello della moda e lì conta il marketing. L'altra sera mi raccontava che è bastato uscire su una trasmissione in Germania per vendere 500 paia di scarpe. Vuole sapere se condivido? Direi ni. Ma il settore della moda è difficile, lo è per lui che ha una base economica, figuriamoci per gli altri».
Ai giovani cosa consiglierebbe: restare in Italia e lottare o andare all'estero?
«Una bella esperienza all'estero fa bene, ma non si creda che in America, Germania, Francia sia facile. L'importante è lavorare, mentre qui c'è chi è convinto che tutto sia dovuto».
Cosa pensa del reddito di cittadinanza?
«Guardi, noi cercavamo 50 dipendenti, ora 45 perché 5 li abbiamo assunti, e pensavamo di trovarli al Sud. Oggi rifiutano: perché dobbiamo venire a lavorare al Nord quando al Sud ci danno il reddito di cittadinanza?. Se andiamo avanti con questa politica, che fine farà l'Italia? Un Paese diventa grande quando ha grandi imprese, non pensioni e sussidi».
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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