Cellula dell'Isis a Venezia il processo in aula bunker

Giovedì 8 Marzo 2018
Cellula dell'Isis a Venezia il processo in aula bunker
TRIBUNALE
VENEZIA Con grande probabilità si farà con rito abbreviato il processo a carico dei tre giovani kosovari arrestati nel marzo dello scorso anno con l'accusa di associazione con finalità di terrorismo per aver costituito a Venezia una cellula affiliata all'Isis che, secondo la Digos, stava progettando un attentato nel centro storico lagunare.
Questa mattina, nell'aula bunker di Mestre, si apre l'udienza preliminare di fronte al giudice Massimo Vicinanza e i difensori degli imputati formalizzeranno le richieste: con il rito abbreviato, nel caso di condanna, potranno usufruire dello sconto di un terzo della pena, ma il giudizio si svolgerà sulla base delle sole carte raccolte dagli inquirenti nel corso delle indagini preliminari, senza poter acquisire testimonianze favorevoli alla difesa. Nel caso in cui i tre imputati non dovessero chiedere un rito alternativo, il processo finirà a dibattimento.
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A sostenere la pubblica accusa sarà la pm Francesca Crupi che, nonostante si sia trasferita in Procura a Milano da qualche mese, è stata applicata per seguire un processo particolarmente delicato, di cui conosce le carte meglio di chiunque altro.
È stata lei, infatti, a coordinare le indagini, per poi chiedere e ottenere, assieme al procuratore aggiunto Adelchi D'Ippolito, all'epoca reggente della Procura, la misura cautelare per i giovani kosovari. E, lo scorso autunno, il loro rinvio a giudizio.
Tra gli elementi di prova depositati dalla procura vi sono numerose intercettazioni telefoniche e ambientali. Una frase, in particolare, pronunciata dal quarto componente del gruppo, all'epoca diciassettenne, fu quella che fece scattare il blitz in tutta fretta, in quanto fece temere per un imminente attentato in preparazione in laguna: «Con Venezia guadagni subito il Paradiso per quanti monafik (ipocriti) ci sono qua. Ad avere una bomba... a Rialto» disse il giovane parlando con gli amici.
«SONO PERICOLOSI»
Una prima valutazione sulla pericolosità dei tre indagati maggiorenni è stata effettuata dal Riesame, secondo il quale erano «inseriti in un ben preciso organigramma criminale... avente ad oggetto l'esaltazione del martirio per la causa islamica e l'aspirazione a raggiungere i luoghi di combattimento per conseguire tale obiettivo, nonché la promozione e propaganda del terrorismo di matrice islamica».
A gennaio il Tribunale per i minorenni ha condannato il diciassettenne a quattro anni e otto mesi di reclusione, riconoscendolo colpevole di aver aderito ad un'associazione con finalità di terrorismo. Il suo difensore, l'avvocato Luigi Quintarelli, è in attesa delle motivazioni della sentenza.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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