Caro ministro Franceschini,
faccio parte di quel manipolo di originaloni che

Giovedì 9 Luglio 2020
Caro ministro Franceschini,
faccio parte di quel manipolo di originaloni che frequenta biblioteche e archivi. Gente inutile, certo, minoranza di radical chic del tutto ininteressante nell'Italia di oggi. Il mio lavoro è scrivere libri di storia, quindi utilizzare quegli strani posti è necessario per svolgere la mia attività. Ufficialmente biblioteche e archivi sono stati riaperti dopo la chiusura imposta dalle misure per contrastare il Covid-19. In pratica però le cose non sono così semplici. Bisogna prenotarsi, e va bene, il 1° luglio ho inoltrato domanda all'Archivio di Stato di Venezia: primo posto disponibile il 17 luglio. Nel sito dell'Archivio c'è scritto che nella sala studio, in tempi normali, sono disponibili 72 posti, ora sono ammesse 10 persone. L'orario è stato ridotto dalle 9 alle 14 (prima era 8.10-17.50). I pezzi (così si chiamano i faldoni di documenti) richiesti devono stare in quarantena, ovvero se non finisco di consultare una filza in giornata, posso rivederla soltanto tra sette giorni (fino al 1° luglio erano dieci giorni), ammesso che ci sia posto in sala studio. Alla Biblioteca nazionale Marciana, invece, i libri richiesti possono essere tenuti in deposito e riconsultati nell'apertura successiva, stanno in quarantena soltanto dopo essere scaricati e quindi resi disponibili per una nuova consultazione. Anche alla Marciana è necessario prenotarsi: nove posti su due turni (mattina e pomeriggio) in sala stampati, quattro posti su due turni in sala manoscritti. Anche qui orario ridotto: 9.30-15.30 (l'orario normale sarebbe 8.20-19). Inoltre la biblioteca è aperta un giorno sì e uno no, quasi che il virus infetti a giorni alterni. I tavoli sono avvolti nella pellicola trasparente, probabilmente per facilitarne la sanificazione (in Archivio no, ma forse il virus si comporta diversamente in piazza San Marco rispetto ai Frari). Capisco perfettamente che in un paese dove il mercato librario è tenuto in piedi da circa 3,5 milioni di lettori forti su 60 milioni di cittadini, scrivere libri sia un'attività velleitaria e di nicchia. Però biblioteche e archivi servono anche a ricercatori, docenti, trascurando tutti i comuni cittadini che potrebbero avere la velleità di accedervi, come loro diritto. Di fatto queste istituzioni sono rese infrequentabili da norme astruse e differenti da luogo a luogo, perché ogni direttore può decidere in autonomia come declinarle. Caro ministro, una sommessa richiesta: andiamo quasi normalmente in spiaggia, al ristorante, in pizzeria, nei mezzi pubblici. Potrebbe riuscire a fare qualcosa perché si possano frequentare in maniera quasi normale anche biblioteche e archivi? Grazie.
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