Bisbetica Domata in scena al maschile

Martedì 15 Gennaio 2019
TEATRO
La Bisbetica domata in uno spazio spoglio, essenziale prende corpo uno spettacolo che restituisce le ambiguità della parola e dei rapporti umani in una delle prime commedie di Shakespeare. La bisbetica domata nell'originale versione firmata da Andrea Chiodi, che andrà in scena al Teatro Goldoni di Venezia da giovedì 17 al 20 gennaio (info www.teatrostabileveneto.it), non ha bisogno della scenografia, che si annulla, mentre i personaggi rimangono intrappolati in una dimensione quasi onirica, costretti a fare i conti con la complessità della loro condizione, con lotte di potere e con la falsità dei loro rapporti.
TUTTI UOMINI
Il cast è completamente al maschile e Tindaro Granata attore ormai conosciuto nella nuova generazione teatrale - interpreta uno dei personaggi più controversi della commedia: Caterina, figlia del gentiluomo Battista, donna testarda, scomposta e aggressiva che fatica a trovare marito. Petruccio, in cerca di una moglie benestante, decide di sposarla e le umiliazioni a cui sottopone la donna la rendono, apparentemente, domata. Unendo momenti di comicità alla tensione drammatica, lo spettacolo rende il pubblico partecipe lasciando alcuni interrogativi: dove finisce la realtà e dove inizia la finzione? Basta essere se stessi o è necessario annullare la propria natura per ottenere ciò che si desidera?
IL RUOLO DELLA FINZIONE
Il ruolo centrale dalla parola, il ritmo concitato e l'interpretazione brillante puntano a far riflettere lo spettatore sulle contraddizioni della vita quotidiana. The Taming of the Shrew è innanzitutto «un esperimento sul potere manipolatorio della parola osserva nelle note di regia Andrea Chiodi - Shakespeare comincia a mostrarci il fascino e la terribilità del linguaggio, il suo potere di cambiare la realtà». La domanda che si pone allo spettatore è dunque forte: «Quale parola preferiamo? Quella vitale ma indomabile e fuori dalla società dell'indiavolata Caterina o quella trasformata, terribile ma potente della sua sottomissione? A questa domanda la risposta pare essere facile».
VIAGGIO TRA LE AMBIGUITÀ
Eppure, l'ambiguità della parola shakesperiana scava nelle contraddizioni. «Le parole finali di Caterina sono terribili aggiunge il regista - L'ordine che propone insopportabile, ma suscitano un fascino ambiguo. Star davanti alla società umana, che è vita e dilemma, che può precipitare nel caos, può essere molto problematico. Il genio di Shakespeare ci fa sentire la tentazione di un ordine assoluto, definitivo». Caterina cede, si sottomette, non compromette la parola con la vita, con le emozioni e i sentimenti. «Impara ad usarla come arma, strumento di potere e di coercizione conclude - E così riporta l'ordine dentro una società che ha perso forza perché ha perso la sacralità della parola. Una donna, Caterina, che per avere un posto nella società si fa uomo, parla come un uomo di potere, con dolore si sottomette per diventare la regina della casa. È un'astuzia terribile e amara, piena di una finta rivalsa, il cui eco arriva fino a oggi». In questo senso interpretare Caterina è difficilissimo ammette Tindaro Granata «perché il suo mistero è nell'evoluzione stessa del suo personaggio. Noi non sappiamo perché alla fine lei si farà domare». E nel monologo finale potrebbe invece essere nascosto un riscatto del femminile.
Giambattista Marchetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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