«Basta con la sbornia degli chef in televisione»

Giovedì 16 Maggio 2019
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L'arte della cucina, mancando però della sua componente essenziale che è quella del gusto, si è trasformata in questi ultimi anni in una glorificazione gratificante dell'immagine. Dalle cucine degli Anni Settanta sono infatti usciti molti pittori, numerosi scultori, ma pochissimi cuochi. Sono state bandite le salse, salvo chissà perché la crema di latte, ed è stata promossa la ricerca dei cibi poveri e poco cotti come reazione ai pericolosi segnali dell'opulenza. Le conseguenze sono state l'acculturamento negativo, la totale perdita dei contenuti e la pseudoecologia dietetica. È stato il vero trionfo dello snobismo. L'uguaglianza nella mediocrità di una forma cosiddetta libera. Gli estensori dei vangeli gastronomici hanno avuto deliqui demenziali sul nuovo, sulle mense degli angeli nel tentativo di elevare il bourgeois, abituato esclusivamente al basso rango della trattoria. Il povero idiota è stato costretto a guardare e a mangiare petali di cielo. Gli è stato fatto credere di essere molto vicino al paradiso. Molte infami tendenze sono state superpremiate dagli estensori delle guide turistico-gastronomiche cadute nelle mani dei plebei. Una volta la famosa Guida francese dei copertoni, bontà sua, mi assegnò due stelle. Mi sembrò una bella soddisfazione. L'unica cosa che mi aveva lasciato perplesso era stata la reazione di mio padre. Non è importante, disse. Una delle tre cose su dieci che mi sembrava sbagliata, tra quelle che diceva lui. E invece no. Era giusta anche quella.
C'è voluto molto tempo prima che mi rendessi conto che i lettori della Guida appartengono al gregge di coloro che vogliono avere come condottiero il pastore. Sempre. E quando leggono che un ristorante ha due stelle lo costruiscono esattamente come il pastore ritiene che il ristorante con due stelle debba essere e tutto quanto. Poi ho capito che quella della Guida non era la Stanza, ma un ristorante inventato dalla Guida stessa. Ecco perché non era importante avere le due stelle, come diceva mio padre, che anzi, quando aprimmo la sala al primo piano, mi disse di chiamarla Sette stelle.
Così oggi comprendo che è importante non esserci del tutto, tra i copertoni della Guida. Quando ne perdemmo una, di stella, il buon trois étoiles Marchesi Gualtiero mi scrisse una lettera accorata alla quale risposi che mi ero appena buttato dalla finestra del piano terra, per fortuna senza farmi niente. Perché, mi diceva mio padre, la vita non è una cosa seria. È invece una comica sottile dove devi sentirti vivo e saper sorridere. Sorridere, soprattutto, di quelli che si prendono seriamente. Per essere ottimista dirò che mi sembra ora di intravvedere almeno tre cose. La prima è che la gente comincia a non poterne più di mangiare in compagnia severa degli spiriti, la seconda è che l'uomo è, e rimane in fondo e per fortuna, un peccatore. La terza è un'ansia che comincia a serpeggiare tra gli uomini di buon senso. Io noto un desiderio di ritorno alla tradizione, una voglia di umanissima opulenza, una smania quasi irrefrenabile di richiamare ai fornelli coloro che sanno cucinare. E ci sarà una nuova rivoluzione. Il futuro della cucina potrebbe ritornare ancora una volta nelle mani dell'uomo.
Ma per fare questo bisogna uscire da questa sbornia euforica di cuochi in televisione, di cucina sparsa come se fosse pasta affollata sui banchi di un grande supermercato, di colori, musiche, personaggi che valgono per quante volte appaiono in tv e non per come sanno cucinare. È il momento di rivalutare la vera essenza della cucina italiana: la trattoria. Che deve avere pochissime regole, ma non discutibili:
1) Non essere nella guida dei copertoni francesi
2) Luci giuste, no musica
3) Se possibile buona acustica
4) Niente odori di cucina
5) Stoviglie normali
6) Bicchieri normali
7) Possibilmente tovaglie e tovaglioli di tessuto
8) Accoglienza personale spontanea e sincera
9) Meglio se famigliare
10) Niente imposizioni di menù degustazione
11) Libertà di scelta (anche di un solo piatto dalla carta)
12) Piatti semplici di qualità della cucina tradizionale e locale con rispetto del gusto italiano
13) Niente enfasi nella descrizione degli ingredienti dei piatti
14) Meglio se dolci fatti in casa
15) Buona carta dei vini con possibilità di bere il vino della casa
Quindici buoni motivi per capire che la trattoria è la buona cucina italiana. Se trovate un locale così segnalatemelo, vado subito a tavola.
Arrigo Cipriani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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