Arbore: «È stata la più grande Tutti hanno cercato di imitarla»

Venerdì 17 Agosto 2018
L'INTERVISTA
Aretha è diventata Regina del soul in Italia grazie a Bandiera gialla, lo storico programma di Arbore e Boncompagni che cambiò radicalmente il linguaggio radiofonico e segnò profondamente il costume nazionale, facendo lievitare quella che venne battezzata generazione beat. «Accadde questo ricorda Renzo : c'eravamo stufati di mettere sempre dischi dei gruppi inglesi, le nostre scalette erano letteralmente dominate dai Beatles, Rolling Stones e succedanei. Da convinto filoamericano - almeno in fatto di musica - mi stupivo che gli Usa non reagissero alla British Invasion. La risposta arrivò e, come speravo, era nera: prima il funk di James Brown con I got you, poi la Motown, quindi altre etichette indipendenti come Stax e Atlantic con Aretha Franklin e la sua Respect, che fu subito un gran successo. Per giorni interi passammo le loro canzoni. A un certo punto la nostra hit parade aveva solo titoli di artisti neri».
Forza di quelle voci e di quel programma.
«A quel tempo c'eravamo solo noi. Eravamo gli unici autorizzati a trasmettere canzoni. Non c'erano ancora le radio private. Io mi ero abbonato alla Billboard Hot 100 e, ogni mese, mi arrivavano dall'America i dieci dischi più venduti: ricordo l'impatto travolgente di Reach out I'll be there dei Four Tops, ma anche il ritmo dei brani dei Temptations».
L'avete mai incontrata Aretha? Lei partecipò, come ospite, anche a un Cantagiro nel 1971.
«L'abbiamo incontrata alla Bussola di Viareggio, dove fece un concerto. Andammo io, Gianni e Raffaella Carrà. Ci fu modo anche di farci fare una foto, noi tre con lei».
Fu l'ultima volta che la Queen of soul venne in Italia e in Europa, preda della sua fobia per i viaggi aerei.
«Già, non ha mai più accettato di tornare. Però noi l'abbiamo riascoltata a New York, quando io e Boncompagni andammo un concerto, dove c'erano tutti i più grandi artisti della black music, invitati dalla Rifi, l'etichetta italiana che distribuiva i dischi Atlantic per cui incideva Aretha. Ricordo che da quel momento Gianni diventò un tifoso del rhythm'n'blues e non l'ha più abbandonato».
Renzo, è d'accordo? La Franklin è stata la più grande voce di sempre.
«Non c'è niente da fare: in assoluto la più grande. È stata la regina, voce fantastica, gran senso del ritmo. Partita da Dinah Washington, ha costruito uno stile tutto suo, dove è presente in modo profondo la tradizione gospel. Aretha è stata imitata da tutti».
Anche da noi, in Italia.
«Giorgia sicuramente è la più autorevole, per qualità vocale e per passione. Aretha è stata un suo modello assoluto».
A quel tempo si usava far cantare ai cantanti anche in italiano.
«Ricordo che la Rca, che aveva firmato un contratto di collaborazione con la Motown, a un certo punto, mi chiese di scegliere quattro canzoni da tradurre e far incidere nella nostra lingua: scelsi The way you do the things you do dei Temptations che divenne Sei solo tu, A place in the sun di Stevie Wonder fu tradotta in Il sole è di tutti, You can't hurry delle Supremes in L'amore verrà».
Ad Aretha non glielo chiese nessuno?
«Era troppo soul per cantare in italiano».
È stata davvero una stagione formidabile, ma di quella generazione soul non è rimasto più nessuno: se ne sono andati tutti abbastanza presto.
«E Aretha è stata l'ultima»
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m.mol.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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