TEATRO
Dal 206 avanti Cristo, quando viene collocata la prima rappresentazione, la commedia Anfitrione di Plauto ha appassionato tanto il pubblico quanto i teatranti. E infatti nel tempo si sono susseguite numerose riscritture. Quella firmata da Sergio Pierattini (coproduzione La Pirandelliana Teatro di Toscana) porta in scena un una rilettura in chiave moderna.
ATTUALE
«L'Anfitrione del 2019 è un arrembante politico, o meglio, un dilettante populista che, con la sua esordiente formazione politica, ha appena sbaragliato gli avversari con un sorprendente e inatteso plebiscito rivela il drammaturgo - Sosia, che Plauto e Molière, vollero suo servitore, si è trasformato in un autista portaborse, mentre la bella Alcmena, moglie del trionfatore delle elezioni e prossima First Lady, è divenuta insegnante di scuola media di una piccola città di provincia». Fin qui tutto fila, ma viene da chiedersi come si siano trasformati Giove e Mercurio, dato che l'innamoramento del padre degli dei per la moglie di Anfitrione avrebbe portato alla nascita di Ercole? «La risposta sta nel meccanismo perfetto di una vicenda drammaturgica che, affinandosi, ha attraversato i secoli, da Plauto fino a Giraudoux risponde Pierattini - Gli dèi, incuranti dell'incredulità e dello scetticismo che li circonda dalla fine del mondo classico, continuano ad agire e a sconvolgere con il loro intervento, allora come oggi, gli umili e i potenti». Così Giove, per avere Alcmena, fa vincere le elezioni all'improbabile Anfitrione, che quando arriva a casa da neo-deputato destinato alla carica di Premier si trova alle prese con un intrigo che la sua intelligenza non è in grado di sbrigare. L'altalenarsi tra verità e inganno, intesi e malintesi, genera situazioni comiche, bizzarre e spiazzanti che richiamano un presente grottesco. In scena, Gigio Alberti, Barbora Bobulova, Antonio Catania, Giovanni Esposito, Valerio Santoro e Valeria Angelozzi sono diretti da Filippo Dini. «Sembra evidente fin da subito la dimensione da incubo nel quale si intende immergere questa storia chiosa il regista - Il tema che si sviluppa, il suo paradosso, la struttura stessa della commedia, la sua ambientazione tutta all'esterno, in un cortiletto davvero ambiguo, quasi anonimo, sembrano suggerirci una riflessione profonda, quasi archetipica del nostro essere mortali, del nostro rapporto con noi stessi, con le nostre paure, in definitiva con il nostro doppio».
Giambattista Marchetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA Dal 206 avanti Cristo, quando viene collocata la prima rappresentazione, la commedia Anfitrione di Plauto ha appassionato tanto il pubblico quanto i teatranti. E infatti nel tempo si sono susseguite numerose riscritture. Quella firmata da Sergio Pierattini (coproduzione La Pirandelliana Teatro di Toscana) porta in scena un una rilettura in chiave moderna.
ATTUALE
«L'Anfitrione del 2019 è un arrembante politico, o meglio, un dilettante populista che, con la sua esordiente formazione politica, ha appena sbaragliato gli avversari con un sorprendente e inatteso plebiscito rivela il drammaturgo - Sosia, che Plauto e Molière, vollero suo servitore, si è trasformato in un autista portaborse, mentre la bella Alcmena, moglie del trionfatore delle elezioni e prossima First Lady, è divenuta insegnante di scuola media di una piccola città di provincia». Fin qui tutto fila, ma viene da chiedersi come si siano trasformati Giove e Mercurio, dato che l'innamoramento del padre degli dei per la moglie di Anfitrione avrebbe portato alla nascita di Ercole? «La risposta sta nel meccanismo perfetto di una vicenda drammaturgica che, affinandosi, ha attraversato i secoli, da Plauto fino a Giraudoux risponde Pierattini - Gli dèi, incuranti dell'incredulità e dello scetticismo che li circonda dalla fine del mondo classico, continuano ad agire e a sconvolgere con il loro intervento, allora come oggi, gli umili e i potenti». Così Giove, per avere Alcmena, fa vincere le elezioni all'improbabile Anfitrione, che quando arriva a casa da neo-deputato destinato alla carica di Premier si trova alle prese con un intrigo che la sua intelligenza non è in grado di sbrigare. L'altalenarsi tra verità e inganno, intesi e malintesi, genera situazioni comiche, bizzarre e spiazzanti che richiamano un presente grottesco. In scena, Gigio Alberti, Barbora Bobulova, Antonio Catania, Giovanni Esposito, Valerio Santoro e Valeria Angelozzi sono diretti da Filippo Dini. «Sembra evidente fin da subito la dimensione da incubo nel quale si intende immergere questa storia chiosa il regista - Il tema che si sviluppa, il suo paradosso, la struttura stessa della commedia, la sua ambientazione tutta all'esterno, in un cortiletto davvero ambiguo, quasi anonimo, sembrano suggerirci una riflessione profonda, quasi archetipica del nostro essere mortali, del nostro rapporto con noi stessi, con le nostre paure, in definitiva con il nostro doppio».
Giambattista Marchetto
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