Addio Ragno delle Dolomiti

Mercoledì 20 Gennaio 2021
Addio Ragno delle Dolomiti
LA SCOMPARSA
Il proletario della montagna ha chiuso gli occhi. Per sempre. Cesare Maestri è morto.
Ne ha dato l'annuncio il figlio Gian con un post sul suo profilo Facebook. Accanto a una foto del padre sorridente ha scritto: «Questa volta Cesare ha firmato il libro di vetta della scalata sulla sua vita. Un abbraccio forte a chi gli ha voluto bene». Aveva compiuto 91 anni il 2 ottobre scorso. L'uomo del Cerro Torre e di mille altre cime, uno dei più grandi alpinisti è scomparso ieri in una stanza dell'ospedale di Tione (Tn), dove era stato ricoverato lunedì. E la notizia ha fatto presto il giro del mondo.
IL MEZZO E IL FINE
Maestri è stato sempre un uomo, e un uomo di montagna, scomodo e ambizioso, polemico e suscettibile ma sempre genuino e generoso. «Essere un uomo è sempre stato il fine della mia vita disse un giorno . L'alpinismo è stato il mezzo per divenirlo, il mezzo attraverso il quale ho potuto inserirmi nella società, il canale che mi ha permesso un discorso politico vivendo e interpretando in chiave comunista il mio lavoro fatto sulle montagne, tanto da considerarmi un proletario di esse». Di sé raccontò che proveniva da una «strana famiglia». La madre Merj lasciò Ferrara a 16 anni, voleva fare l'attrice e si trasferì a Torino dove incontrò Toni, irredentista trentino. Merj e Toni si sposarono, organizzarono un teatro viaggiante con il quale girarono mezza Italia. Nel 1924 a Mantova nacque Anna e il 2 ottobre di cinque anni dopo, a Trento, vide la luce un maschietto che Toni l'irredentista battezzò Cesare-Fabio-Damiano. A 14 anni, durante il secondo conflitto mondiale, il giovane Cesare si unì alle truppe partigiane sulle montagne e dopo la guerra fu inviato a Roma dal padre, a studiare recitazione. Partecipò anche alle iniziative del Pci ma la parentesi capitolina fu di breve durata. Cesare tornò a Trento dove scoprì il mondo dell'arrampicata che non avrebbe mai più abbandonato.
AMORE PER LE ROCCE
Il battesimo con la roccia avvenne sulla Paganella con Gino Pisoni, e Cesare comprese che quella sarebbe stata la sua strada: «Sarei diventato una guida alpina». E così avvenne nel 1952. Da allora Maestri percorse moltissimi sentieri verticali e non solamente in salita Un giorno sul Crozzon di Brenta, gigantesca prua di roccia ben visibile dalla strada tra Pinzolo e Madonna di Campiglio, salì la Via delle Guide. In cima gettò la corda e scese arrampicando, in ossequio alla religione di Paul Preuss. Era nato il Ragno delle Dolomiti. Nel curriculum di Maestri compaiono circa 3.500 salite, molte delle quali compiute in solitaria: via Lettenbauer-Solleder alla nord-ovest della Civetta, Solleder alla est del Sass Maor (Pale di San Martino), Soldà-Conforto alla sud della Marmolada, Comici-Casara al Salame del Sassolungo, via Dibona al Croz dell'Altissimo (Dolomiti di Brenta), Buhl alla Roda di Vael (Catinaccio), Campanile Basso salito per la via normale in 16 minuti e discesa dalla Preuss in 9 minuti e mezzo.
IN PATAGONIA
Esuberante e scomodo, praticò un alpinismo onesto e impeccabile ma rimase un anarchico della roccia. Obbedendo alla regola della piena libertà, si allontanò sempre dall'alpinismo codificato. C'era chi predicava chiodi e corda, e lui saliva e scendeva slegato. E a chi condannava i chiodi a pressione rispose con una sventagliata piantata con un compressore nel ventre del Cerro Torre.
Già, il Cerro Torre, la montagna del destino, la cima della Patagonia che nel bene e nel male ha preteso una fetta importante della sua vita. La storia, ormai, è nota. Nel 1953 Cesarino Fava, trentino emigrato in Argentina, scrisse a Maestri parlandogli del Torre come di una cima pane per i suoi denti. Dopo varie vicissitudini, sei anni dopo Maestri riuscì a partire assieme a Toni Egger. Il 2 febbraio 1959 Egger precipitò nella bufera e non venne mai più ritrovato, Maestri riuscì a salvarsi. Annunciò di avere salito il Torre ma non aveva prove perché, disse, Egger aveva la macchina fotografica. Una decina di anni dopo la sua versione venne contestata e lui, per tacitare le polemiche, organizzò un'altra salita, tornò laggiù con Carlo Claus, Ezio Alimonta, Pietro Vidi e Renato Valentini. Maestri volle rispondere alle critiche con un'azione spettacolare e per piantare i chiodi a pressione si trascinò in parete un compressore Atlas-Copco. La salita però si fermò a seicento metri dalla cima a causa di condizioni metro estreme. Maestri ritornò a novembre con Alimonta, Claus e Claudio Baldessari. Arrivò ai piedi del fungo di ghiaccio della cima senza salirlo e nella discesa, lasciò il compressore ancorato all'ultimo chiodo. I dubbi però non si dissolsero tanto che nel marzo del 1970 Carlo Mauri tornò dal Torre e nel telegramma che annunciò la ritirata scrisse: «Torniamo sani e salvi dall'impossibile Torre». Seguì la celebre e sprezzante risposta di Maestri: «Non esistono montagne impossibili. Esistono solo uomini che non sono capaci di scalarle».
POLEMICHE E REPLICHE
Il processo al Cerro Torre di Maestri proseguì per anni, ha consumato fiumi di inchiostro con varie testimonianze che mettono in dubbio anzi, oggi rifiutano del tutto la salita del Ragno delle Dolomiti. Nel frattempo il ghiacciaio ha restituito alcuni resti di Toni Egger nel 1974 e nel 2003 ma nemmeno i ritrovamenti hanno sciolto l'enigma. La prima salita al Cerro Torre, il Grido di Pietra, rimane un mistero anche se la comunità internazionale degli alpinisti ritiene non completata la via dell'alpinista trentino. Ma Cesare Maestri continuò, incrollabile fino all'ultimo a confermare la sua versione. Così il Torre e la guida trentina serberanno per sempre il loro segreto. L'enigma rimane, come quello di George Mallory e Andrew Irvine sull'Everest.
Ma sarebbe profondamente ingiusto ricordare Maestri solo per la sua contestata salita al Grido di Pietra patagonico. È stato un grande alpinista, spesso in anticipo sui tempi, profondamente innamorato e rispettoso delle montagne, della sua professione di guida e della vita. Soprattutto un alpinista libero. Senza dimenticare che «la libertà disse alla presentazione del suo libro Dare un senso alla vita - è il rispetto assoluto della libertà degli altri».
Nessuno saprà mai se, con Maestri, la classe operaia andrà in paradiso. Ma la sua traccia è profonda ed è destinata a rimanere indelebile. Sulle Dolomiti come sul Cerro Torre.
Franco Soave
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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