Addio a Vittorio Taviani

Lunedì 16 Aprile 2018
CINEMA
«Sono lontano dal cinema rubato al quotidiano perché non voglio abdicare ai diritti della fantasia»: è la dichiarazione più chiara di tutta la poetica del regista Vittorio Taviani, morto ieri a Roma all'età di ottantotto anni. Assieme all'inseparabile, nella vita e nel lavoro, fratello Paolo ha dato vita ad un cinema lontano dalla facile rincorsa del pubblico, sempre teso alla ricerca di stile, che cercava un legame profondo con la letteratura, e firmando opere che sono entrate a pieno merito nella storia culturale del nostro Paese.
I FILM
L'Orso d'oro a Berlino nel 2012 per Cesare deve morire, girato all'interno del carcere di Rebibbia, era stata l'incoronazione non solo di una lunga e importante carriera, ma anche della freschezza dello stile del regista, della sua capacità di coniugare lo sguardo civile sul mondo elevandolo a tragedia universale. Già nel 1977 aveva conquistato la Palma d'oro per Padre padrone, tratto dall'omonimo romanzo di Gavino Ledda, e cinque anni più tardi il Gran premio della giuria di Cannes per La notte di San Lorenzo, che, al dramma della seconda guerra mondiale vissuto nella campagna toscana nell'agosto del 1944, unisce l'attenzione agli eroismi e alle paure della gente comune coinvolta nei grandi percorsi della Storia. La notte di San Lorenzo è anche la prima collaborazione con Nicola Piovani che firmerà molte delle sue colonne sonore.
LA BIOGRAFIA
Nato a San Miniato, figlio di un avvocato antifascista, frequenta l'università a Pisa, e nel frattempo, insieme a Paolo, anima il cineclub della città. Con loro c'è l'amico partigiano Valentino Orsini con il quale dirigono nel 1962 il primo lungometraggio: Un uomo da bruciare, manifesto di una generazione di autori che vogliono superare il neorealismo senza dimenticare l'impegno politico, e che anticipa ciò che accadrà nel 68.
Il loro primo film senza Orsini è I sovversivi del 1967, che ruota attorno ai funerali di Togliatti e al malessere individuale e politico che serpeggia alla fine degli anni Sessanta. Venne definito il funerale a un modo di guardare la realtà, e come in altre opere del regista, si nega al messaggio e guarda casomai all'utopia. Il successo di pubblico arriva con Sotto il segno dello scorpione del 1969 con protagonista Gian Maria Volonté, con San Michele aveva un gallo del '72, riflessione sul tema della rivoluzione dell'anarchia ispirato a Tolstoj, e Allonsanfàn, ambientato negli anni della Restaurazione e interpretato da Mastroianni.
Pirandello è alla fonte di Kaos del 1984, girato in Sicilia, una regione amata dal regista: «L'eco dell'epica mi ha legato a questa terra, è un deserto di fecondità», sosteneva, e tre anni più tardi arriva un'opera ambiziosa, Good Morning Babilonia, storia di due fratelli in cerca di fortuna a Hollywood. Il suo ultimo lavoro è Maraviglioso Boccaccio del 2015, tratto dal Decameron; doveva poi firmare assieme a Paolo Una questione privata dal romanzo di Fenoglio, ma la malattia glielo impedì.
Giuseppe Ghigi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci