A Dolo l'avamposto contro le mafie

Martedì 18 Febbraio 2020
A Dolo l'avamposto contro le mafie
DOLO
Nasce a Dolo, in Riviera del Brenta, e non è un caso. La terra di Felice Maniero, fondatore e punto di riferimento di quella che viene definita la quarta mafia. La mala del Brenta, appunto. Ieri mattina Luciana Lamorgese, ministra dell'Interno ed ex prefetto di Venezia, ha tagliato il nastro del nuovo Cidv (Centro di documentazione e d'inchiesta sulla criminalità organizzata). Anche la sede è iconica: l'ex tribunale di Dolo. Quello che fu un palazzo di giustizia, quindi, ora sarà il quartier generale della società civile che vuole essere l'avamposto contro l'avanzare delle mafie. Il nucleo del centro è una squadra di quattro giornalisti d'inchiesta: il presidente Maurizio Dianese, il direttore Gianni Belloni, Roberta Polese e Antonio Massariolo. Nucleo che si rapporterà, però, con le università di Padova e Venezia, e di collaboratori eccellenti come Antonio Palmosi, capo della squadra mobile di Venezia all'epoca della caccia a Maniero e Francesco Saverio Pavone, ex procuratore della Repubblica. Ieri, a Dolo, al seguito della ministra Lamorgese, c'erano anche tutte le autorità civili e militari locali.
«VUOTO NORMATIVO»
«In questo momento c'è un vulnus nella normativa antimafia - ha spiegato durante l'inaugurazione la ministra - perché non si può applicare a soggetti privati. Un vuoto che dobbiamo riempire. Il Veneto è una realtà di piccole e medie aziende, qui la mafia trova terreno fertile. Oggi la malavita organizzata non è più riconoscibile come un tempo, si insinua nella società civile. Ai mafiosi interessa riciclare denaro e immetterlo in un circuito legale. Ben venga il laboratorio, speriamo dia risposte concrete perché senza analisi sociologica di quello che è successo non riusciremo a spiegarci l'infiltrazione di Camorra e Ndrangheta in questo territorio». Oltre alla documentazione, al lavoro storico e giornalistico di ricerca, l'obiettivo principale del centro è quello di diventare un'antenna antimafia, in grado quindi di informare i cittadini e collaborare con le forze dell'ordine nell'attività di prevenzione.
«Parliamo di radicamento, siamo già alle seconde e terze generazioni di mafiosi - ha precisato Dianese - a Eraclea la mafia è diventata parte integrante della vita della comunità. I rischi di finire nelle mani degli infiltrati che corrono i nostri figli e nipoti sono altissimi. Il centro deve essere una risorsa per tutti, per questo speriamo che anche le istituzioni ci diano una mano: Regione, Comuni e Città metropolitana». «Il progetto - ha aggiunto Belloni - è quello di creare una rete, per stimolare studi e iniziative». «Sarà importante riuscire a trovare un lessico adeguato - ha continuato Polese - che sia a metà tra l'allarmismo invasione delle mafie e lo sminuire la pericolosità delle infiltrazioni. Questo lavoro ci dà il modo di capire cosa siamo diventati e cosa vogliamo diventare».
ORGANICI IN DIFETTO
Il prefetto Vittorio Zappalorto e il procuratore capo Bruno Cherchi hanno parlato dell'importanza di adeguare gli organici di forze dell'ordine e tribunali per renderli in grado di continuare a sostenere la guerra alle mafie. Causa a cui si è aggregato anche l'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari: «C'è una sproporzione abissale tra gli strumenti di repressione e lo sviluppo della criminalità. Serve una nuova forma di sovranità, sovranazionale».  
Il sottosegretario al Ministero degli Interni, Achille Variati, ha sottolineato l'importanza di sostenere gli imprenditori per togliere ossigeno alla criminalità organizzata: «Dobbiamo garantire giustizia, il che vuol dire garantire efficienza. Dobbiamo essere vicini agli imprenditori, un'impresa con infiltrazioni viene distrutta dalla mafia. Un imprenditore con difficoltà di cassa può diventare vittima, dobbiamo impedire che restino soli».
Davide Tamiello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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